Un nuovo studio scientifico dimostra la correlazione tra emissioni di gas serra e declino della popolazione di orsi polari, sollecitando una politica climatica che tenga conto dei cambiamenti climatici per rafforzare la protezione della prima specie elencata nell'Endangered Species Act americano
Gli orsi polari Ursus maritimus sono una specie simbolo del cambiamento climatico essendo sempre più minacciati dalle attività antropiche. Il ghiaccio marino di cui questi predatori dell’Artico necessitano per cacciare le loro prede sta scomparendo a velocità impressionanti e l’impatto sulle popolazioni di orsi polari è catastrofico.
Responsabile è il riscaldamento globale che con la perdita di ghiaccio sta incidendo sulla sopravvivenza degli individui più giovani. A svelarlo è un nuovo studio pubblicato recentemente sulla rivista Science e condotto dall’Università di Washington e dalla Polar Bears International di Bozeman, nel Montana.
Unendo i risultati di precedenti rapporti scientifici, i ricercatori hanno mostrato come le emissioni di gas serra siano collegate al declino delle popolazioni di orsi polari. Per farlo sono stati osservati fattori quali il limite massimo di digiuno per ciascun esemplare, i giorni senza ghiaccio e le emissioni di gas serra.
Sappiamo da decenni che il continuo riscaldamento e la perdita di ghiaccio marino alla fine possono solo portare a una ridotta distribuzione e abbondanza di orsi polari. Fino ad ora, non avevamo la capacità di distinguere gli impatti dei gas serra emessi da particolari attività dagli impatti delle emissioni cumulative storiche. In questo articolo, riveliamo un collegamento diretto tra le emissioni di gas serra di origine antropica e i tassi di sopravvivenza dei cuccioli” ha affermato il professor Steven Amstrup, autore principale dello studio e scienziato a capo del Polar Bears International.
Nei periodi in cui il ghiaccio marino si scioglie, come in estate, gli orsi polari sono costretti a digiunare a lungo e ciò ha implicazioni in particolare nei cuccioli. Lo studio dimostra come, ad esempio, le oltre 60 gigatonnellate di emissioni di gas serra delle centrali elettriche statunitensi in 30 anni di attività ridurrebbero il tasso di sopravvivenza dei cuccioli di orso polare nel Mare di Beaufort del 4%. Attualmente per i piccoli, il tasso di sopravvivenza si aggira sul 65%.
Lo studio ha importantissime implicazioni politiche in quanto sebbene gli orsi polari siano la prima specie elencata nell’Endangered Species Act (ESA) degli Stati Uniti, dal 2008 nel Paese è in vigore uno spinoso documento noto come Bernhardt Opinion.
Questo richiede evidenze scientifiche sull’impatto delle emissioni di gas serra e, in generale, dei progetti sui combustibili fossili su una determinata specie prima che la sua protezione potesse essere implementata maggiormente e le iniziative riviste.
In questo modo per anni gli effetti dei cambiamenti climatici sull’ambiente e sugli orsi polari non sono stati presi seriamente in considerazione. Adesso, però, le prove ci sono tutte. Il rapporto scientifico è stato pubblicato in occasione del 50° anniversario dell’ESA e del 15° anniversario dell’inserimento degli orsi polari nell’elenco.
Lo studio è una richiesta diretta alla politica statunitense e internazionale per una azione climatica che riprenda in mano le sorti degli orsi polari e del ghiaccio marino prima che sia troppo tardi. Il tempo scorre inesorabilmente.
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Fonte: Science
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