Attraverso il Piano di controllo del cervo nel settore trentino del Parco dello Stelvio si potranno uccidere fino a 1500 selvatici in 5 anni. Immediata la risposta delle associazioni animaliste, che contestano la misura accusando la Provincia autonoma di Trento di favorire i cacciatori. Gli abbattimenti sarebbero, a loro dire, un pretesto
Colpi di fucile e sangue nel cuore delle Alpi centrali. Nel settore trentino del Parco dello Stelvio fino a 1500 cervi potranno essere ammazzati in 5 anni. Ad autorizzare questa carneficina è la Provincia autonoma di Trento tramite il Piano di controllo del cervo nel Parco dello Stelvio 2022-2026.
Il Piano, sottoposto all’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e all’Osservatorio Faunistico provinciale, era stato presentato lo scorso 25 novembre 2022 e integrato di recente con la delibera del 13 ottobre scorso.
La stagione di controllo 2022-23 ha inizio con gli abbattimenti. 100 i cacciatori, definiti “coadiuvanti”, formati per questo compito. Ma come mai in un’area protetta sarà possibile abbattere la fauna selvatica? Per l’impatto ecologico dei cervi e per tenere sotto controllo la crescente popolazione di ungulati.
La misura punta a “mitigare e ridurre gli squilibri ecologici attualmente causati dai numerosi cervi presenti all’interno dei confini del settore trentino del Parco nazionale dello Stelvio, in un arco di tempo di almeno 5 anni, per ridurre la perdita di biodiversità determinata dalla elevata densità della popolazione animale e lavorare per un migliore equilibrio e coesistenza tra ecosistemi e attività umane” riporta l’Ente Parco.
Come? Attraverso doppiette e prelievi realizzati dall’Associazione Cacciatori Trentini sotto il coordinamento del Parco e del Corpo Forestale Trentino. Nei primi due anni i prelievi di controllo sperimentale permettevano l’abbattimento di 100-180 ungulati all’anno.
Il numero è stato fissato in base all’andamento della popolazione di cervi sul territorio. Nel 2022 la stima della consistenza primaverile del cervo nel distretto della Val di Sole era di circa 2.900 individui, nel Parco approssimativamente di 1.600.
Questi, però, sono i dati dello scorso anno. Ad oggi le cose potrebbero non stare più così.
La numerosità delle popolazioni di cervo potrebbe essere cambiata, così come potrebbe essere cambiato in meglio lo stato di conservazione degli ecosistemi locali. Ragione vorrebbe che si conducesse una nuova, approfondita indagine che fotografi al meglio lo stato dei luoghi e gli andamenti demografici della specie” ha dichiarato l’ENPA.
Le associazioni animaliste temono che questo provvedimento sia solo il pretesto per assecondare le richieste dei cacciatori di selvaggina. Lo farebbe pensare anche il prezzo fissato per l’acquisto della carne di cervo pari a 3,5 euro al kg.
Ma non finisce qui perché i coadiuvanti hanno diritto anche a un rimborso spese forfettario, dalla somma variabile, se consegneranno la carcassa di cervo direttamente al centro di raccolta.
Si è pensato insomma a tutto, tranne che alle soluzione che non contemplino l’abbattimento. Le alternative, che esistono e come, semplicemente vengono scartate quasi “a priori”.
Si potrebbe utilizzare, ad esempio, il farmaco contraccettivo Gonacon, già impiegato con successo negli USA sui cervi dalla coda bianca, o ricorrere ai corridoi faunistici per la dispersione degli animali. Ma ci si potrebbe affidare a meccanismi naturali, facendo in modo che i lupi, tanto odiati da Fugatti, possano finalmente esercitare quella funzione di selezione che la natura ha assegnato alla loro specie” ha concluso l’ENPA.
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Fonti: Provincia autonoma di Trento – ENPA
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