Un mollusco talmente aggraziato da avere le movenze di un angelo, ma un predatore spietato delle profondità oceaniche. Questa creatura marina sorprende per l'eleganza e l'armonia con le quali volteggia nelle acque, ma non si può dire lo stesso quando attacca le sue prede
Ali che gli consentono di volteggiare in acqua, colori straordinari e movenze aggraziate. Anche il mare ha i suoi angeli per quanto queste creature di fatto siano tutt’altro che angeliche. L’angelo di mare, nome scientifico Clione limacina, è un esempio che cade a pennello.
Questo elegante mollusco appartiene all’ordine dei Gimnosomi e, come altre specie così classificate, è privo di mantello e conchiglia nella fase adulta. La specie popola acque fredde e temperate di tutto il mondo, ma in prevalenza è stato avvistato nell’oceano Pacifico, Atlantico e nell’Artico dove può vivere sia in superficie che fino a 600 metri di profondità.
Il suo corpo è minuto e gelatinoso e misura mediamente sui 2- 4 cm di lunghezza. Nella parte anteriore presenta un paio di “ali”, due sporgenze laterali chiamate parapodi che gli consentono di fluttuare negli oceani. La testa, invece, è caratterizzata da un paio di tentacoli. I secondi sono i più temibili.
Per quanto questa specie sia chiamata volgarmente angelo di mare è un cacciatore spietato. Si ciba principalmente delle farfalle di mare utilizzando i secondi tentacoli per afferrare le sue prede, strapparle dal loro guscio e sminuzzarne la carne e riducendola in poltiglia. Uno spettacolo che di certo non si addice a un angelo.
Non è chiaro se il mollusco in questione conduca una vita quasi in solitaria. Molti esemplari sono stati osservati però in gruppo durante il periodo della fecondazione. Questo mollusco è ermafrodita e anche durante l’accoppiamento si cimenta in coreografie armoniose, come se stesse danzando con i suoi simili.
Grazie a una sostanza prodotta naturalmente dal suo corpo, l’angelo di mare dissuade gli altri predatori dall’attacco. In questo modo si garantisce la sopravvivenza nel suo habitat. È la sua fonte di cibo che, purtroppo, sta diminuendo sempre più.
A causa dell’acidificazione degli oceani danni irreversibili sono stati inflitti agli ecosistemi marini, esponendo a un rischio elevatissimo l’intera biodiversità. (Leggi anche:I nostri oceani sono sempre più caldi e malati: l’ONU dichiara l’emergenza oceanica)
Sebbene i nostri risultati suggeriscano la resilienza degli pteropodi alla passata acidificazione degli oceani, è improbabile che abbiano mai, durante la loro intera storia evolutiva, sperimentato un cambiamento globale della grandezza e della velocità che vediamo oggi, hanno scritto alcuni ricercatori in uno studio scientifico del 2020 sugli angeli di mare e altri pteropodi come indicatori del cambiamento climatico.
Da quella ricerca sono passati due anni, ma quasi nessun passo avanti è stato compiuto nella direzione auspicata.
Fonte: Ocean Conservancy
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