Anche gli animali consumano alcol: perché e quali sono i suoi effetti (positivi e negativi)

Piace a elefanti, scimmie e criceti, ma lo consumano anche molti altri animali. In alte concentrazioni gli effetti non sono positivi, ma una nuova ricerca ha messo in luce alcuni (inaspettati) vantaggi

Tempo fa vi avevamo parlato di una ricerca condotta sulle vespe orientalis, i cosiddetti calabroni rossi, secondo la quale questi insetti possono bere alcol più di qualsiasi altro animale senza ubriacarsi.

Lo studio, guidato dall’Indian Institute of Science di Bangalore (India), ha dimostrato che possono addirittura trascorrere un’intera settimana bevendo una soluzione alcolica all’80 percento senza alcun cambiamento comportamentale.

In realtà molti animali consumano naturalmente basse concentrazioni di etanolo, abitudine che presenta sia dei vantaggi che degli svantaggi.

Lo studio “The evolutionary ecology of ethanol”, pubblicato su “Trends in Ecology & Evolution”, spiega che l’alcol è disponibile in natura da tempo immemorabile, fin dal Cretaceo. Accadde quando le piante iniziarono a produrre fiori e frutti, che fermentando producevano etanolo.

Scimmie, elefanti e criceti sono tra gli animali che lo apprezzano maggiormente, ma di certo non gli unici che lo consumano. Tuttavia, considerato che influisce negativamente sulle loro capacità, soprattutto in alte concentrazioni, gli studiosi hanno cercato di capire il motivo per cui continuano a consumarlo (e cercarlo).

I motivi potrebbero essere molteplici: da un lato il valore nutrizionale dell’alcol, dall’altro alcune delle sue proprietà medicinali e non in ultimo il fatto che aumenta la produzione di endorfine e dopamine, favorendo uno stato di relax utile in termini di socialità.

In definitiva, questa ricerca dimostra che in natura l’etanolo non è raro né evitato dagli animali. E nonostante possa essere tossico, rivela anche dei vantaggi, motivo per cui secondo i ricercatori dovremmo riconsiderarne il ruolo ecologico e l’impatto evolutivo in natura, approfondendo l’argomento con ulteriori studi.

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FONTE: Trends in Ecology & Evolution

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