Migliaia di visoni si trovano ancora in un limbo senza fine, rinchiusi nei 5 allevamenti italiani che non sono più attivi da quasi un anno. E mentre le nostre istituzioni continuano a rimandare sul da farsi, crescono i pericoli per la salute pubblica. In una delle strutture, infatti, 4 esemplari sono risultati positivi al test del SARS-CoV-2
Sono più di 5000 e restano ancora intrappolati negli allevamenti del nostro Paese, nonostante questi siano stati aboliti per legge circa un anno fa. Una situazione che ha dell’assurdo ed è il risultato della cattiva gestione della vicenda da parte delle nostre istituzioni. E non si tratta esclusivamente di una questione etica, ma anche di salute pubblica. Di recente, infatti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale ha confermato lo scoppio di un terzo focolaio di SARS-CoV-2 in uno degli allevamenti italiani chiusi per legge, che ha sede nel comune di Galeata (Forlì-Cesena).
In precedenza il virus era stato rilevato in una struttura di Capralba (Cremona), ad agosto del 2020 e poi – nel gennaio 2021 – in un allevamento di visoni di Villa del Conte (Padova). La scoperta del nuovo focolaio è avvenuta a seguito dello screening, disposto dall’ex-Ministro della Salute Roberto Speranza, che viene effettuato ogni 15 giorni. E su 60 esemplari testati 4 sono risultati positivi al Coronavirus a Galeata. Al momento, però, non è confermato se gli esemplari infetti siano morti a seguito del virus o siano stati abbattuti. Ma una cosa è certa: tutto ciò non è più ammissibile dopo circa un anno dallo storico divieto di allevare animali per le loro pellicce in Italia.
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La messa al bando è entrata in vigore il primo di gennaio 2022, ma nonostante ciò ancora oggi non è stato emanato il Decreto del Ministro delle Politiche Agricole, in collaborazione con i Ministri della Salute e della Transizione Ecologica recante “Criteri e modalità di corresponsione dell’indennizzo a favore dei titolari degli allevamenti di visoni, volpi, cani procione, cincillà e di animali di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pelliccia, nonché la disciplina delle cessioni e della detenzione dei suddetti animali”, che riporta la scadenza 31 gennaio 2022.
A denunciare questa grave mancanza la rete di associazioni animaliste, formata da LAV, Essere Animali e Humane Society international/Europe e LAV, che hanno lanciato l’ennesimo appello alle nostre istituzioni e stanno portando avanti l’Iniziativa dei Cittadini Europei #FurFreeEurope per dire basta all’era delle pellicce in Europa.
Da gennaio attendiamo il decreto interministeriale per avviare lo svuotamento degli ultimi 5 allevamenti dove ancora sono stabulati e ammassati, in minuscole gabbie, più di 5.000 visoni come i 1.523 presenti a Galeata che, ora, rischiano l’abbattimento. È evidente come l’inazione dei Ministeri competenti stia continuando a rappresentare un rischio per la salute pubblica e continui ad ignorare i principi più basilari di benessere animale. – sottolineano le associazioni – Chiediamo al Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida di intervenire con urgenza dando concreta attuazione a quanto sancito con la legge di bilancio 2022 e consentire quindi il trasferimento di almeno alcuni dei visoni ancora rinchiusi nelle gabbie degli allevamenti intensivi.
Dove si trovano gli allevamenti italiani di visoni e che destino li attende
Come anticipato, sul territorio del nostro Paese gli allevamenti di visoni sono cinque. Questi veri e propri lager per animali si trovano sparsi per la penisola: a Galeata (Forlì-Cesena), a San Marco (frazione di Ravenna), a Capergnanica (Cremona), a Calvagese della Rivera, in provincia di Brescia (qui gli esemplari sono ben 1800) e a Castel di Sangro (L’Aquila).
Ma qual era la loro sorte? Secondo la Legge 234/2021 – che ha bandito gli allevamenti di animali destinati alla produzione di pellicce – il Ministro dell’Agricoltura avrebbe dovuto disciplinare, con un decreto, le modalità di indennizzo per gli allevatori di visoni e l’eventuale cessione degli esemplari a strutture gestite direttamente o in collaborazione con associazioni animaliste.
“Se il Decreto fosse stato adottato nei tempi previsti, fine gennaio, probabilmente, almeno parte dei visoni all’epoca presenti negli allevamenti in dismissione, avrebbero potuto essere accasati in altre strutture diminuendo così la densità di popolazione e, di conseguenza, l’assembramento di animali particolarmente suscettibili all’infezione da coronavirus SARS-CoV-2.” chiariscono le associazioni.
Più passa il tempo, più il loro destino sembra ormai essere l’abbattimento. Si tratta, infatti, di animali selvatici che non possono essere rilasciat in natura e che non vivono in branco, come ha confermato ai nostri microfoni Simone Pavesi, responsabile dell’Area Moda Animal Free della LAV (Lega Anti Vivisezione).
In definitiva la speranza di salvarli si affievolisce sempre di più, mentre aumentano i rischi connessi alla salute pubblica, dato che il contagio uomo-visone-uomo è stato documentato sin dal 2020.
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Fonte: LAV/World Organization for Animal Health
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