Nell'agenda della Pre-Cop26 di Milano c'è un grande assente: gli allevamenti intensivi, nonostante il loro impatto sul clima sia devastante
È ormai risaputo che gli allevamenti intensivi abbiano un impatto pesantissimo sull’ambiente, oltre a non tutelare affatto il benessere animale di cui tanto si parla. Eppure, alla Pre-Cop 26 (la conferenza preparatoria al Summit delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si terrà a Glasgow) che ha preso avvio ieri a Milano, il grande assente è tato proprio il tema degli allevamenti. Dovrebbe essere in cima agli argomenti affrontati dai leader per combattere la crisi climatica e invece, ancora una volta, rischia di essere ignorato, eclissato dai bla bla bla a cui ci siamo abituati.
Il flash mob della LAV a Milano
Ad accendere i riflettori sulla questione è stata anche la Lega Anti Vivisezione (LAV), che ieri ha organizzato un flash mob sonoro dal titolo “Voci inascoltate”. La manifestazione si è tenuta accanto al Duomo di Milano e ha visto gli attivisti far risuonare a sorpresa, e da punti diversi, voci di animali registrate in allevamenti del nostro Paese.
Gli allevamenti sono ovunque, al loro interno sono confinati milioni di animali solo nel nostro Paese, eppure rimangono i grandi assenti dal dibattito sul clima. – spiega la LAV – Con il flash mob sonoro, ci facciamo portavoce di mucche, galline, maiali e altri, chiedendo al Governo di considerare il ruolo degli allevamenti nell’emergenza climatica e mettendo ‘in piazza’ anche il rumore assordante in cui gli animali sono costretti a vivere, in un costante e letale sfruttamento che sta portando alla distruzione del Pianeta.
Per favorire un’inversione di rotta e facilitare un modello di produzione e di consumo sia sostenibile che etico, LAV ha già inviato al Ministero delle Finanze la richiesta di istituire un Fondo per la transizione alimentare, basato su un prelievo economico per ogni animale allevato. E ha inoltrato anche la proposta di effettuare l’opportuno abbassamento dell‘IVA al 4% per tutti gli alimenti di origine vegetale e il suo innalzamento al 22% per tutti i prodotti di origine animale o contenenti ingredienti di origine animale.
Le misure che abbiamo proposto si pongono l’obiettivo di incentivare una graduale riconversione e riqualificazione delle aziende zootecniche in direzione delle produzioni vegetali, nonché di offrire una copertura, almeno parziale, degli ingenti costi ambientali e climatici attribuibili alla produzione zootecnica nel nostro Paese – chiarisce Gianluca Felicetti, Presidente della LAV – Gli introiti potranno sostenere attività educative e di supporto più ampio ad una transizione alimentare decisa. Solo incentivando in modo concreto il consumo e la produzione di alimenti di origine vegetale, sarà possibile rispondere alle necessità climatiche ed ambientali che ci troviamo ad affrontare. Chiediamo ai Ministri Cingolani e Patuanelli e al Governo di riconoscere pienamente e senza filtri il pesante contributo della zootecnia e dei consumi alimentari insostenibili al surriscaldamento del Pianeta, e di agire di conseguenza. Il cambiamento dell’assetto agroalimentare e l’orientamento verso l’alimentazione davvero sostenibile – con una presenza sempre più ampia di alimenti 100%vegetali – più che una scelta, è ormai una urgente necessità.
Gli impatti devastanti degli allevamenti intensivi sul clima
In Italia gli allevamenti intensivi rappresentano un grosso problema per il clima. Soltanto nel nostro Paese le emissioni di gas serra associate all’intero ciclo della carne, dalla coltivazione del foraggio, all’allevamento e sino al consumo, si aggirano intorno a 40 milioni di tonnellate l’anno. E sono diversi gli studi che confermano l’impatto devastante che hanno gli allevamenti intensivi sull’ambiente.
Tra questi troviamo anche il recente report “Meat Atlas” realizzato dalla Fondazione Heinrich Böll e dall’organizzazione Friends of the Earth Europe, che rivela che venti industrie produttrici di carne e latticini provocano livelli di inquinamento (di anidride carbonica e metano) addirittura superiori a quelle dei Paesi europei più industrializzati, come la Francia e la Germania.
Se si vuole combattere in maniera efficace la crisi climatica, ignorare la questione degli allevamenti intensivi significa partire col piede sbagliato.
Fonte: LAV
Seguici su Telegram | Instagram | Facebook | TikTok | Youtube
Leggi anche:
- Quanto costerebbe davvero una bistecca aggiungendo i costi climatici? Secondo una ricerca, il 146% in più
- Il devastante impatto ambientale della carne in un nuovo studio shock
- 20 aziende che producono carne e latticini generano più gas serra di Paesi industrializzati come Francia e Germania: il report shock
- Tacchini, gli animali d’allevamento dimenticati da tutti! I ministri chiedono alla UE maggiori tutele per il loro benessere