Combattere i parassiti delle piante senza uccidere le api e gli altri insetti impollinatori: un matematico della University of Sussex (Regno Unito) ha sviluppato una rivoluzionaria tecnica di ‘silenziamento genico’ per colpire specifici parassiti del grano senza danneggiare l’ambiente circostante, utilizzando solo batteri naturali del suolo
Combattere i parassiti delle piante senza uccidere le api e gli altri insetti impollinatori: un matematico della University of Sussex (Regno Unito) ha sviluppato una rivoluzionaria tecnica di ‘silenziamento genico’ per colpire specifici parassiti del grano senza danneggiare l’ambiente circostante, utilizzando solo batteri naturali del suolo.
Attualmente la prassi tipica dell’agricoltura tradizionale è l’utilizzo di pesticidi ed erbicidi per consentire alle coltivazioni di crescere senza parassiti o altri agenti patogeni. Peccato che queste sostanze non agiscano solo su quello che danneggia le colture, ma anche, come è noto, sull’ambiente, dalle api e altri insetti impollinatori fino ad acqua e suolo, finendo spesso sulle nostre tavole, nei cibi dei quali ci nutriamo quotidianamente.
E la situazione sta peggiorando, con studi sempre più allarmanti che indicano un avvelenamento progressivo di tutto quello che ci circonda. Recentemente è stato calcolato addirittura che alcuni torrenti europei sono talmente inquinati da pesticidi che potrebbero essere usati come pesticidi loro stessi.
Diverse sono le ricerche alternative, ma quella di Konstantin Blyuss, un matematico dell’University of Sussex, è particolare perché mira a selezionare batteri non tossici per colpire solo i parassiti bersaglio, nello specifico una specie che danneggia il grano.
Gli esperimenti mostrano che il 92% di colture in più sopravvive con questo approccio, che potrebbe aiutare a nutrire la crescente popolazione globale, aumentare la produzione di alimenti biologici e guidare quella dei biocarburanti.
“Con l’aumento della popolazione globale che necessita di cibo e l’urgente necessità di passare dai combustibili fossili ai biocarburanti – spiega a questo proposito Blyuss – la nostra ricerca rappresenta un importante passo avanti per la protezione delle colture, ecologicamente sicura senza danni alle api o altri insetti”.
Nessun OGM, specifica però il ricercatore, perché la tecnica funziona con i geni propri della pianta, in modo da uccidere selettivamente specifici vermi microscopici, chiamati nematodi (causa di malattie che distruggono circa 130 miliardi di dollari di colture), senza danneggiare altri insetti, uccelli o mammiferi.
Era già noto che nel terreno vivono naturalmente batteri non tossici che possono aiutare le piante a difendersi, ma finora non era mai stato messo a punto un modo efficace per sfruttarne la potenza fino ad arrivare alla larga scala, necessaria perchè si possa usare industrialmente.
La chiave, come spesso succede, è nei geni. Lo studio è stato condotto utilizzando l’interferenza dell’RNA, che spegne la produzione delle proteine necessarie ai nematodi per crescere e riprodursi. Questo si realizza con dei biostimolanti derivati dagli stessi batteri, applicati sia immergendo i semi o le radici in una soluzione che li contiene, sia aggiungendo la soluzione al terreno in cui le piante crescono.
“Immergendo i semi della pianta nella soluzione dei biostimolanti – spiega ancora Blyuss – la pianta diventa un cavallo di Troia perché “consegna” le sostanze ai nematodi, uccidendoli. Abbiamo preso di mira i geni specifici del nematode, quindi sappiamo che questo non attaccherà altre creature”.
Gli esperimenti condotti in particolare dal team dimostrano che immergere i semi delle piante nella soluzione biostimolante aumenta le loro possibilità di sopravvivenza tra il 57 e il 92%. La tecnica riduce anche il livello di infestazione da nematodi dal 73% all’83% rispetto alle piante coltivate in modo tradizionale.
Ma non finisce qui, perché le piante prodotte utilizzando i biostimolanti mostrano rese vegetali decisamente migliori e una maggiore resistenza ai parassiti, ma non sono diverse da altre piante allevate artificialmente per avere alcune caratteristiche utili. Inoltre, i biostimolanti stessi sono veramente naturali, poiché non sono altro che prodotti di batteri che vivono già nel terreno.
Ma perché un matematico a guida di una ricerca biologica? Come spesso accade da quando l’informatica si è diffusa, gli esperimenti vengono prima progettati al computer, cercando di prevederne, pur con un certo margine di incertezza, i risultati. Nel caso specifico sono stati necessari dei modelli matematici, e chi meglio di un matematico poteva svilupparli e interpretarli?
I passi successivi sono lo sviluppo di modelli ancora più avanzati che indichino come prelevare dal terreno, sia da semi che da radici, biostimolanti con più componenti, e identificare bersagli genetici dei nematodi sempre più efficaci.
Lo studio è stato pubblicato su Frontiers in Plant Science.
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Roberta De Carolis
Foto: Wikimedia Commons