Il pregiato prosciutto di Parma, prodotto iconico della gastronomia del Bel Paese, proviene da allevamenti da film dell'orrore, dove i suini vengono maltrattati e lasciati in agonia. In alcuni casi finiscono anche per cibarsi di topi e per prendersi a morsi fra di loro, in mezzo a carcasse di altri maiali. Com’è possibile che tutto ciò avvenga e che vengano ignorate queste ripetute violazioni? A far luce su questo scandalo una nuova inchiesta di Report, che andrà in onda questa sera
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Il prosciutto di Parma è annoverato fra le eccellenze dei salumi Made in Italy ed è apprezzatissimo in tutto il mondo. Ma cosa si nasconde dietro questo popolare prodotto? Una serie di inammissibili maltrattamenti nei confronti dei maiali destinati al macello, ma anche gravi carenze igienico-sanitarie e strutturali negli allevamenti.
A mostrarci tutto l’orrore che si nascoste dietro questo business sarà un’inchiesta scioccante realizzata da Giulia Innocenzi per Report, che potremo vedere questa sera alle 21.20 su Rai3.
L’infestazione dei topi negli allevamenti (e l’uso scriteriato dei rodenticidi)
Ciò che verrà svelato stasera e che vi raccontiamo in anteprima va oltre ogni immaginazione. In un allevamento del Cremonese è stata addirittura scoperta un’infestazione di topi. Qui per rimediare il problema l’allevatore utilizza il rodenticida, ma anziché metterlo “in contenitori per esche a prova di manomissione”, come recitano le istruzioni per l’uso, lo sparge nei corridoi e sulle gabbie delle scrofe. In questo modo a ingerirlo non sono soltanto i roditori, ma inevitabilmente anche i suini.
A immortalare tutto questo l’associazione Last Chance for Animals, che ha fornito le immagini in esclusiva a Report. Inoltre, capita non di rado che i maiali finiscano per mangiare i topi morti nei loro recinti, molto probabilmente dopo essere stati a contatto col veleno.
Sono topi morti dopo aver ingerito il veleno? – si domanda la conduttrice televisiva e attivista Giulia Innocenzi. – Se così fosse questo potrebbe entrare in circolo nel suino, finire nei muscoli, e infine al consumo umano.
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Suini maltrattati e allevati fra carcasse e amianto
Retroscena aberranti emergono anche da un altro allevamento in provincia di Brescia, dove le carcasse dei suini vengono lasciate all’aperto per diversi giorni, anziché essere trasferite in una cella frigo in attesa che le ritiri una ditta di smaltimento specializzata. Un comportamento contrario alle norme di biosicurezza e che potrebbe favorire la diffusione di virus e patologie.
Qualche giorno dopo la visita effettuata da Giulia Innocenzi, nella stessa struttura si sono recati pure i Carabinieri Forestali e il Dipartimento Veterinario di ATS Brescia per un sopralluogo, portando alla luce altre violazioni. Nell’allevamento è stato rinvenuto un deposito abusivo di farmaci scaduti, amianto, oltre ai suini accatastati in stato di decomposizione e ossa di esemplari deceduti parecchio tempo prima. L’allevatore sarà chiamato a pagare 25.000 euro di multa, mentre i suoi animali sono stati sottoposti a vincolo sanitario.
Scene terrificanti arrivano poi da un altro allevamento in provincia di Modena, dove un operatore è stato immortalato mentre dà calci ai suini, li tirava per le orecchie o per la coda; per spostare un maiale con difficoltà motorie gli lega una corda alla zampa e lo trascina per il corridoio.
Il maltrattamento nei confronti degli animali è un elemento che, purtroppo, accomuna tutti e quattro gli allevamenti oggetto di sopralluogo. Nelle diverse strutture sono stati trovati maiali feriti o malati lasciati a morire, spesso molto sporchi con i liquami che finiscono anche nel loro mangime. Nei recinti degli allevamenti intensivi, molto spogli e in molti casi privi degli arricchimenti ambientali previsti dalla normativa, i maiali finiscono per mangiarsi mangiano fra di loro, mordendosi a vicenda le orecchie e la coda.
Le irregolarità ignorate e la riconferma del controllore CSQA
Ma com’è possibile che tutto questo avvenga in alcuni degli allevamenti dell’eccellenza delle DOP Made in Italy? Come verrà chiarito dall’inchiesta di Report, il problema è rappresentato proprio dai controlli. Questi ultimi sono affidati in primis ai servizi veterinari, che hanno il compito di vigilare sulle condizioni delle strutture e degli animali, per verificare che sia garantito il “benessere”.
Il secondo livello, che monitora soltanto gli allevamenti i cui suini finiranno nel circuito delle DOP, è garantito invece dall’ente certificatore. Nel caso del Consorzio del Prosciutto di Parma ad occuparsene il CSQA, il principale ente italiano che controlla più di settanta prodotti, ad aver assunto l’incarico nel gennaio del 2020, in seguito a quello che è stato ribattezzato il più grande scandalo nel mondo delle DOP.
Si era scoperto, infatti, che per fare il prosciutto di Parma venivano usati anche i maiali danesi, che hanno il vantaggio di crescere prima e ingrassare di più, e quindi di portare più chili al macello, traducendosi in un maggiore guadagno per tutti. Ma questa genetica è vietata dal Disciplinare, e quindi furono distolti dal circuito DOP più di un milione di prosciutti. Il Consorzio si affida allora a un nuovo ente certificatore, il CSQA. –ricostruisce Giulia Innocenzi – Il nuovo piano dei controlli adottato era molto rigoroso e produceva quindi molte non conformità, che si traducevano in multe. I produttori del Consorzio si lamentano e l’ente certificatore per non perdere il cliente, che gli vale circa sei milioni di euro l’anno, corre ai ripari, e chiede ai propri ispettori di chiudere un occhio sulle irregolarità.
In alcuni casi vengono stracciati i verbali già redatti, così da non far scattare le multe. Alcuni dipendenti di CSQA non ci stanno e nel dicembre del 2020 scrivono al ministero dell’Agricoltura, che nel 2021 indaga in segreto e conferma alcune anomalie segnalate. Fra queste che non venivano effettuati i campionamenti genetici, che è singolare, visto che la genetica era alla base dello scandalo che aveva travolto il precedente ente controllore, l’Istituto Parma qualità. Erano stati inseriti “ispettori del tutto incompetenti”, alcuni dei quali persino “non accreditati”. Agli ispettori che effettuavano i controlli negli allevamenti e nei prosciuttifici veniva detto di non rilevare le non conformità gravi, che sono quelle che fanno scattare le multe. Più in generale l’ente di controllo soffriva di una “sudditanza” nei confronti del controllato. Nelle sue indagini il ministero scopre inoltre che sono state immesse nel circuito delle DOP più di due milioni e mezzo di cosce destinate a diventare prosciutto senza averne i requisiti. E così, per una grave carenza di imparzialità, il ministero sospende l’ente certificatore.
La sospensione dell’ente certificatore, decisa dal ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, risale al febbraio del 2022, eppure il 21 dicembre 2022, il ministro Lollobrigida ha conferito nuovamente l’incarico a CSQA, che controllerà gli allevamenti, i macelli e i prosciuttifici del Consorzio per i prossimi tre anni.
Cos’ha spinto poi il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare Francesco Lollobrigida a confermare nuovamente il CSQA? Com’è possibile che allevamenti in cui avvengono violazioni così gravi possano destinare i maiali al Consorzio? Come fanno sapere da Report, si tratta di domande alle quali l’ente certificatore si è rifiutato di rispondere e davanti alle quali Stefano Fanti, direttore generale del Consorzio da 25 anni, è letteralmente scappato. Tutti punti su cui bisogna fare chiarezza al più presto, in nome del rispetto del benessere animale e dei diritti dei consumatori.
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Fonti: Report/Carabinieri Forestali
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