Il progetto comprende sei gabbie marine galleggianti in grado di produrre 100 tonnellate di pesce all'anno. Gli Emirati mettono a segno un altro allevamento intensivo di pesce di cui non avevamo proprio bisogno
Salutato come una iniziativa all’avanguardia che pone un nuovo standard nelle pratiche di acquacoltura sostenibile nella regione, l’Agenzia per l’Ambiente di Abu Dhabi (EAD) ha lanciato il primo progetto di acquacoltura in gabbie marine. Cos’è nella sostanza? Sei gabbie galleggianti per produrre 100 tonnellate di pesce in un anno, tra cui specie di alto valore mai sentite da queste parti. A noi, più che altro, sembra l’ennesimo allevamento intensivo di pesce.
Situato a sud-est dell’isola di Delma, nella regione di Al Dhafra, sarà il primo progetto del suo genere in Medio Oriente che utilizzerà l’intelligenza artificiale e sarà dotato di un avanzato sistema di monitoraggio e raccolta dati.
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Questo progetto pionieristico – si legge nelle note – mira a condurre studi scientifici e ricerca sulle specie ittiche locali abbinate a innovative gabbie marine galleggianti. L’obiettivo principale è sviluppare procedure ecocompatibili per garantire la coltivazione sostenibile della vita marina nell’Emirato.
Implementando queste pratiche, il progetto mira a ridurre la pressione sulle scorte naturali di pesce, contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici e sostenere gli obiettivi di sicurezza alimentare di fronte alla crescente domanda di prodotti ittici.
In cosa consiste questo mega-progetto
Il mega-progetto prevede sei gabbie marine galleggianti, in grado di produrre 100 tonnellate di pesce all’anno. Alleverà varie specie locali e di alto valore come Safi Arabi, Gabit, Shaam e Sheri.
A corredo di tutto, ci sarà un avanzato sistema di monitoraggio e raccolta dati, che utilizza l’intelligenza artificiale, il che lo rende il primo del suo genere in Medio Oriente, e verranno utilizzati sensori ambientali per monitorare i parametri di qualità dell’acqua marina, tra cui la temperatura, il pH, la salinità, l’ossigeno disciolto, la torbidità e i livelli di ammoniaca.
A questo si aggiungeranno anche telecamere subacquee e di superficie per monitorare il comportamento dei pesci, l’efficienza alimentare e un sistema intelligente per la trasmissione dei dati, alimentato da pannelli solari.
Ma è davvero sostenibile l’acquacoltura?
O meglio, la domanda è: davvero ne avevamo bisogno? Per creare tutto questo, si saranno spesi fior fiori di dollari da sfamare un intero Paese e non solo: quanto è davvero sostenibile un progetto simile? Un dilemma bello e buono, se si considera che ultimamente l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha fatto il punto della situazione sugli allevamenti intensivi di pesce nel mondo e sulla sicurezza delle specie più comuni e che, dall’altro lato, i nostri mari sono ormai sovrasfruttati in condizioni già messe a rischio dal cambiamento climatico.
Anche se spesso (ma non sempre) molti dei pesci allevati non mostrano segni di parassiti che possano infettare gli esseri umani, ci sono in ogni caso alcuni allevamenti dove di parassiti ne sono stati riscontrati eccome e che dunque possono rappresentare un rischio per la salute pubblica.
Un altro progetto, quindi, con tanto di AI e super telecamere a monitorare, che fa ripresentare il problema annoso degli allevamenti di pesci, che non riguarda solo la sicurezza alimentare, ma anche la loro insostenibilità ambientale ed etica. E in fatto di etica gli Emirati hanno ancora tanto da imparare.
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