I casi di aviaria si estendono a macchia d'olio in Italia. Sono circa 9 milioni gli animali abbattuti e oltre 200 gli allevamenti chiusi
In Italia l’influenza aviaria galoppa senza sosta. Siamo di fronte a una delle più grandi epidemie mai viste nel nostro Paese. E a farne le spese sono già stati 9 milioni di animali – tacchini, polli e galline – abbattuti per contenere la diffusione del virus. Finora sono circa 240 gli allevamenti chiusi tra Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia e Lazio, come confermato Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie.
Il primo focolaio di influenza aviaria H5 ad alta patogenività è stato individuato lo scorso 19 ottobre in un allevamento di tacchini a Ronco all’Adige, in provincia di Verona e nelle settimane successive la situazione è diventata fuori controllo. Tra la province più colpite spiccano Verona e Padova, ma non sono mancati i focolai a Brescia, Mantova e a Udine. Anche il Centro Italia è stato colpito dall’epidemia: agli inizi di novembre è stato registrato un focolaio di sottotipo H5 HPAI (ceppo grave) in un allevamento avicolo di Ostia Antica.
Tutta questa situazione, però, per diversi esperti e associazioni animaliste rappresenta un dramma già annunciato. Qualche settimana fa gli attivisti della LAV (Lega Anti Vivisezione) hanno condotto un’indagine sotto copertura per svelare cosa accade in due allevamenti di galline di Brescia e Mantova dove sono scoppiati focolai di aviaria. Ciò che hanno documentato è raccapricciante: carcasse di galline a contatto con animali vivi, con uova e mangimi, gabbie arrugginite e affollatissime e infestazioni di acari.
Un altro grande problema che desta preoccupazione deriva dalla caccia. Infatti, mentre dilaga l’aviaria in Italia, i cacciatori di avifauna possono continuare ad uccidere animali senza alcuna restrizione, visto che non rientrano cosiddetta “popolazione esposta al rischio”, sottoposta a sorveglianza sanitaria, nonostante entrino spesso in contatto proprio con quegli animali selvatici che rappresentano i principali vettori del virus e con le zone da questi frequentate. Soltanto nel caso in cui l’animale ucciso durante una battuta di caccia non è “apparentemente in buona salute” (secondo la valutazione dello stesso cacciatore) scattano le misure di sorveglianza previste dai protocolli.
Di fronte a queste gravi situazioni e alla mancanza di precauzioni, non stupisce quindi lo scoppio dell’epidemia di aviaria in Italia…
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Fonte: Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie
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