Animali stipati in grattacieli in Cina, costretti a vivere nei cosiddetti Pig Hotels. Palazzoni altri svariati piani in cui i maiali vengono allevati in maniera intensiva. Uno scenario ormai ben noto e diffuso in Cina, ma, pensate, presente anche in Europa.
Se si tende a demonizzare la Cina, infatti. Eppure, anche il nostro continente non si comporta diversamente e tali megastrutture sono presenti anche in Europa. Non solo per i maiali ma anche per molti altri animali. Una recente inchiesta condotta dal Salvagente ha mostrato che il cosiddetto “modello Pechino” è applicato da tempo anche dalle nostre parti. L’Europa è protagonista di questa corsa all’intensificazione “multilivello”.
“La Cina non è un’eccezione, sta seguendo lo stesso modello degli altri paesi del mondo”, ha detto Badi Beses, della divisione Produzioni animali e salute della Fao. “Questo processo di intensificazione è avvenuto in Europa, è avvenuto nel resto del mondo e oggi è il turno della Cina. Stanno costruendo questi immensi allevamenti usando animali con la stessa genetica che si usa altrove, esattamente come è stato fatto in Europa, in Nord America e in America Latina”.
Per l’inchiesta, Il Salvagente ha visitato l’impianto più grande al mondo sul monte Yaji, nella regione del Guangxi Zhuang, di cui vi avevamo parlato anche noi qui al lìepoca della sua apertura:
Quello che è stato visto in Cina però non è molto diverso da quello che accade in Europa, dove l’allevamento multipiano è uno standard diffuso da decenni per le galline ovaiole ma in paesi come l’Olanda negli ultimi anni viene applicato anche per i polli da carne, solitamente tenuti a terra nei capannoni.
Come riporta il Salvagente, l’allevamento di Marcel Kuijpers, nel Limburgo, è un esempio degli allevamenti ultra-intensivi e hi-tech dell’Olanda: qui i polli sono allevati in una struttura multipiano in grado di “ospitare”, si fa per dire, 250mila animali. Nascono e vengono macellati nello stesso luogo.
“Macellano i polli nella stessa struttura dell’allevamento e gli animali vivono in condizioni davvero pessime, uno sull’altro. Di certo non sono trattati come esseri senzienti”, osserva Laugs. Di diverso avviso Ingrid De Jong, ricercatrice per il comparto agricolo all’Università di Wageningen, il principale centro di ricerca olandese in campo agroalimentare: “La cosa interessante nell’allevamento di Marcel Kuijpers è che macellano i capi nella stessa struttura, i polli vengono presi da un sistema meccanizzato, così tutto fila liscio, eviti ferite legate al trasporto o problemi di contaminazione dovuti all’ambiente”.
E in Italia?
Secondo Laugs, i polli olandesi così allevati vengono soprattutto esportati, probabilmente anche dall’Italia. Il nostro paese importa ogni anno dall’Olanda circa 12mila tonnellate di carne avicola.
Nel nostro paese non si è disposti a cambiare totalmente le abitudini alimentare, anche se negli ultimi anni è stato registrato sia un calo del consumo di carne che delle macellazioni.
Tuttavia, questo non basta a cambiare rotta né a cambiare le condizioni di vita degli animali negli allevamenti intensivi. Come dimostrano i maltrattamenti e le condizioni terribili di cui spesso abbiamo parlato, frutto di investigazioni condotte negli italianissimi allevamenti di animali.
Una situazione paradossale. E ora, alla vigilia della 75esima assemblea Onu, si parla ancora di allevare gli animali in enormi palazzoni.
Anche una campagna di Greenpeace ha chiesto la revisione dell’attuale Pac (Politica agricola comune), che secondo l’associazione “finora ha favorito un modello di agricoltura e allevamento intensivi, destinando un terzo dei sussidi complessivi all’1 per cento delle aziende agricole europee”, contraddicendo lo spirito delle strategie europee “Farm to Fork” e sulla biodiversità.
“Produciamo troppa carne. Anche in Italia il settore era già in crisi molto prima della pandemia di Covid19; non a caso parte dei fondi già stanziati dal governo e di quelli che saranno resi disponibili con il Decreto Rilancio sono destinati proprio a far fronte a questa “crisi di sovrapproduzione”, attraverso misure come lo stoccaggio delle carni o l’ammasso di formaggio e cagliate. Mai come in questo momento è dunque necessaria una visione ampia e strategica su come utilizzare le risorse, incoraggiando modelli di produzione e consumo ecologici e restituendo dignità a chi lavora sul campo per produrre il cibo che arriva sulle nostre tavole” ha detto ederica Ferrario, responsabile campagna agricoltura di Greenpeace Italia.
Per questo l’associazione ha chiesto all’Ue al governo italiano di tagliare i sussidi destinati agli allevamenti intensivi.
Fonti di riferimento: Il Salvagente