Giocare con i leoni marini, avvicinarsi alla maestosa megattera, assistere ad una battaglia tra due feroci calamari di Humboldt o visitare la barriera corallina. Tutto questo ci piace solo perché succede attraverso una simulazione in cui nessun animale viene tenuto in cattività perché National Geographic Encounter: Ocean Odyssey è un acquario senza pesci.
Giocare con i leoni marini, avvicinarsi alla maestosa megattera, assistere ad una battaglia tra due feroci calamari di Humboldt o visitare la barriera corallina. Tutto questo ci piace, solo perché succede attraverso una simulazione in cui nessun animale viene tenuto in cattività perché National Geographic Encounter: Ocean Odyssey è un acquario senza pesci.
Avete capito bene, nessuno squalo, balena, piovra e via dicendo dietro un vetro perché questa straordinaria attrazione che si trova a Times Square a New York usa la tecnologia per portare gli spettatori negli abissi dell’oceano, senza il bisogno di animali veri.
National Geographic Encounter: Ocean Odyssey è una sorta di acquario senza pesci, un mondo marino creato dal team vincitore di premi Oscar e Emmy, responsabile di Game of Thrones e Hugo di Martin Scorsese.
Oltre 5500 metri quadrati dove sprofondare tra immagini e suoni dell’oceano, una visita guidata attraverso le meraviglie della natura, tra barriera corallina, foreste di alghe e tanto altro. E potrà anche capitare di trovarvi davanti all’enorme megattera.
Un’idea che ci piace molto perché aiuta a conoscere più a fondo gli animali senza la necessità di disturbarli o sradicarli dal loro habitat naturale (proprio perché qui è tutto finto) e se da un lato siamo contro qualsiasi tipo di acquario reale in cui pesci e non solo sono tenuti in cattività, dall’altro pensiamo che iniziate come questa siano la chiave giusta per la sostenibilità.
Se n’è accorto anche il principe arabo vegano Khaled bin Alwaleed che vuole ricreare questo acquario virtuale in dieci città del Medio Oriente cosicché ologrammi e touchscreen possano riprodurre la vita degli abissi marini.
Tutto ciò non fa altro che confermare come sia in atto una magnifica inversione di tendenza e che l’opinione pubblica è stanca di vedere animali sfruttati per puro business. Dopo il divieto di molte città al circo, adesso è tempo di rivoluzione anche negli abissi.
Invece, ecco perché non ci piacciono gli ‘acquari veri’:
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Dominella Trunfio