Abusati e macellati senza regole: svelato per la prima volta il commercio illegale delle pelli d’asino, con migliaia di inserzioni sui social

Vivono in condizioni brutali e disumane, per poi essere macellati senza pietà. Non importa se siano cuccioli, malati, feriti o femmine gravide. Nessuna pietà per il loro dolore. Il traffico illegale di pelle d'asino è un business che sulle piattaforme social ha trovato terreno fertile. Grazie al web sono sempre di più i soggetti che aggirando le singole normative dei Paesi che vietano la vendita delle pelli di questo animale, commerciando il prodotto all'estero

Per via della loro grandissima visibilità, i siti di social media sono diventati la nuova rampa di lancio per il traffico illegale di specie selvatiche, manufatti di ogni genere e souvenir esotici realizzati con parti di animali.

Accanto all’avorio, un grande commercio illegale è quello della pelle d’asino. A denunciarlo è The Donkey Sanctuary in un rapporto pubblicato di recente dall’associazione.

Dal report dal titolo Under the Skin si evince il ruolo portante che i social media abbiano in tale traffico. Le piattaforme social permettono infatti di aggirare le leggi del Paese di appartenenza dei trafficanti e di commerciare la pelle dei somari e altre parti dell’animale in tutto il mondo.

L’indagine ha portato alla segnalazione di oltre 382 venditori che utilizzavano i canali Facebook, Instagram, Twitter e Youtube per la vendita online di pelle d’asino. Il 20% di questi commerciava anche ornamenti e parti di specie animali in via d’estinzione come tigri ed elefanti.

Dei venditori individuati, la maggior parte vive in Kenya, Ghana, Senegal, Nigeria e Burkina Faso. In queste regioni il commercio di pelle d’asino rappresenta un’attività molto redditizia ed è motivo di furti, aggressioni e altri crimini.

Il The Donkey Sanctuary stima infatti che ogni anno 4,8 milioni di asini vengano macellati, in condizioni igieniche quasi assenti, per la loro pelle. Questa viene poi lavorata e postata sul web in cerca di possibili compratori. Seguono poi le spedizioni, effettuate sempre in piccole quantità per non sollevare sospetti.

La pelle d’asino è richiestissima nella medicina tradizionale cinese per esempio. Da questa si ricava infatti una sorta di gelatina miracolosa chiamata ejiao o colla di pelle d’asino che curerebbe diversi malanni. Una richiesta così elevata ha fatto aumentare spropositamene la domanda. Non è solo la Cina a importare grandi quantità di pelli d’asino. Anche altri Paesi sono finiti nel mirino del report di The Donkey Sanctuary.

Tra i social media il più utilizzato è Facebook. Sul suo Marketplace si trova infatti di tutto. Il social di Zuckerberg aveva fondato la Coalition to End Wildlife Trafficking Online con l’obiettivo di tagliare dell’80% il commercio di specie selvatiche entro il 2020.

“Non c’è dubbio che questo commercio globale stia avendo un impatto devastante sul benessere degli asini di tutto il mondo, che soffrono in ogni momento, dalla nascita alla macellazione. Questa nuova ricerca dimostra quanto sia diventato vasto il commercio online di pelli d’asino e quanto sia radicato nell’attività criminale e in altri traffici illegali di animali selvatici” spiega Marianne Steele, CEO ad interim di The Donkey Sanctuary.

Dai dati del rapporto di The Donkey Sanctuary sembra tuttavia che Facebook non si sia avvicinato nemmeno un minimo a tale proposito.

Fonte: Under the Skin

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