WWF: lo scioglimento dei ghiacciai è un problema planetario

Il WWF lancia l'allarme sugli effetti catastrofici dello scioglimento dei ghiacciai con il rapporto Artic Climate Feedbacks: Global Implication redatto in collaborazione con alcuni tra i più accreditati nomi della scienza del clima e presentato oggi nel corso della Terza Conferenza Internazionale sul clima dell'Organizzazione metereologica mondiale a Ginevra.

Le immagini diffuse qualche tempo fa da Greenpeace ci hanno fatto vedere con i nostri occhi la portata dell’emergenza. Ma a tornare sulle catastrofiche conseguenze dello scioglimento dei ghiacciai e dell’innalzamento della temperatura è ora il WWF con il rapporto Artic Climate Feedbacks: Global Implication redatto in collaborazione con alcuni tra i più accreditati nomi della scienza del clima e presentato oggi nel corso della Terza Conferenza Internazionale sul clima dell’Organizzazione metereologica mondiale a Ginevra.

Il dossier elencando tutti gli effetti negativi dovuti al riscaldamento della calotta polare con dati derivanti dalle più recenti ed accreditate ricerche climatologiche, ribadisce un concetto ancora poco ascoltato: la fusione dei ghiacciai del Polo Nord non rappresenta un problema locale, ma planetario perché “un quarto della popolazione mondiale potrebbe essere colpito da inondazioni a causa del riscaldamento dell’Artico“. Per non parlare del significativo aumento delle emissioni di gas a effetto serra provenienti dalle riserve di carbonio fino ad ora stoccate dal ghiaccio. I suoli ghiacciati e le zone umide dell’Artico, infatti, immagazzinano una quantità di carbonio 2 volte superiore a quella trattenuta in atmosfera e di questo passo, i suoli tenderanno a rilasciare sempre di più carbonio nell’aria sotto forma di anidride carbonica e metano. E una delle conseguenze più lampanti sarà il moltiplicarsi dei fenomeni meteorologici estremi.

Banalmente, se non riusciremo a mantenere l’Artico freddo abbastanza, tutto il mondo ne subirà le conseguenze” – commenta Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf Italia – “La drastica perdita di ghiaccio marino, dovuta al fatto che l‘Artico si riscalda ad una velocità 2 volte superiore rispetto al resto del mondo, influenzerà la circolazione atmosferica e i fenomeni meteorologici ben oltre le stesse regioni artiche: potranno modificarsi le temperature e i regimi delle piogge in Europa e nel nord America, con impatti sull’agricoltura, sulle foreste e sulle riserve idriche“.

Il rapporto, inoltre, ha inserito per la prima volta nelle proiezioni relative alla crescita globale dei livelli dei mari, anche la riduzione dei ghiacci della Groenlandia e dell’Antartide occidentale, concludendo che l’innalzamento dei mari potrebbe essere più del doppio di quanto previsto dall’IPCC nel suo rapporto del 2007, ovvero di oltre un metro entro il 2100.

Lo studio del Wwf ci dice abbastanza chiaramente che è urgente e necessario tenere sotto controllo le emissioni di gas serra – ha proseguito Bologna – “Se consentiamo un ulteriore aumento delle temperature in Artico, sarà complicato contenere gli effetti negativi“.

Per correre ai ripari, associazione del Panda, in collaborazione con altre Ong, sta mettendo a punto un piano in grado di garantire il taglio di emissioni necessario per non compromettere definitivamente l’esistenza del Polo Nord, un vero e proprio modello di trattato sul clima da presentare all’appuntamento di Copenaghen, a dicembre quando 191 paesi si incontreranno per l’ultimo giro di negoziati in vista del nuovo accordo globale sul clima che dovrebbero portare all’approvazione di un insieme di regole che sostituiranno l’attuale protocollo di Kyoto.

 

Dobbiamo porre grande attenzione ai segnali che vengono dall’Artico e farlo ora per intraprendere azioni a Copenaghen in dicembre capaci di limitare in maniera veloce ed efficace le emissione di gas serra“, afferma James Leape, direttore generale del Wwf internazionale.

L’associazione ambientalista in Danimarca chiederà a gran voce “tagli alle emissioni più rapidi e più incisivi nei paesi industrializzati e finanziamenti ai paesi in via di sviluppo che altrimenti non avrebbero mezzi per contrastare gli impatti del cambiamento del clima“.

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