Una Terra sola non basta più. Oggi ne servirebbe almeno una e mezza per produrre ciò che l'uomo utilizza. Un dato allarmante emerso dal Living Planet Report 2014, la decima edizione del rapporto del WWF, che analizza l'impatto umano sul pianeta. Solo considerando l'Europa, sarebbero necessari 2,6 pianeti
Una Terra sola non basta più. Oggi ne servirebbe almeno una e mezza per produrre ciò che l’uomo utilizza. Un dato allarmante emerso dal Living Planet Report 2014, la decima edizione del rapporto del WWF, che analizza l’impatto umano sul pianeta. Solo considerando l’Europa, sarebbero necessari 2,6 pianeti.
La domanda di risorse naturali dell’umanità supera attualmente il 50% di ciò che Madre Natura è in grado di rigenerare. Dovrebbe bastare questo a capire che occorre intervenire immediatamente per fermare questa tendenza che col passare del tempo diventa sempre più preoccupante.
Presentato oggi a Milano, il report, pubblicato ogni due anni, monitora le popolazioni di oltre 10.000 specie di vertebrati dal 1970 al 2010 utilizzando il Living Planet Index, misurando l’impronta ecologica umana predisposta dal Global Footprint Network.
Biodiversità, addio. Secondo il rapporto, abbiamo fatto sparire il 52% delle popolazioni di numerose specie di animali vertebrati, compresi mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci in soli 40 anni, dal 1970 ad oggi. È andata peggio alle specie di acqua dolce che hanno subito un calo del 72%, una perdita quasi doppia rispetto alle specie terrestri e marine. A soffrire di più sono le creature che vivono nelle regioni tropicali, in particolare l’America Latina. Qual è la causa? Sarebbe meglio parlare al plurale: la perdita di habitat e il loro degrado, ma anche pesca, bracconaggio e caccia, senza dimenticare il ruolo dei cambiamenti climatici, colpevoli di aver già decretato l’estinzione di alcune specie.
Gloabl warming. In attesa del Synthesis Report dell’IPCC atteso per la fine di ottobre, il Living Planet Report 2014 ha già mostrato alcuni dei più pesanti effetti dell’aumento globale delle temperature per mano dell’uomo. Lo dicono i numeri: più di 200 bacini fluviali, dove vivono oltre 2,5 miliardi di persone, soffrono una grave scarsità d’acqua per almeno un mese ogni anno. Il clima potrebbe dunque essere responsabile – ma non è una novità – dell’aumento di persone che soffrono la fame.
Impronta ecologica in aumento. Se occorrono una Terra e mezza per produrre le risorse oggi usate dall’uomo, nella pratica ciò si traduce in un abuso di ciò che la Natura ha messo a nostra disposizione: stiamo tagliando legname più rapidamente di quanto gli alberi riescano a ricrescere, pompiamo acqua dolce più velocemente di quanto le acque sotterranee riforniscano le fonti e rilasciamo CO2 più velocemente di quanto la natura sia in grado di sequestrare.
Invertire la rotta si può. Secondo l’analisi del WWF, è possibile aumentare il tenore di vita utilizzando meno risorse naturali. Ecco quali sono i 10 paesi con la più alta impronta ecologica pro capite: Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Danimarca, Belgio, Trinidad e Tobago, Singapore, Stati Uniti d’America, Bahrein e Svezia.
Impronta ecologica, il disastro europeo. Non stupiamoci leggendo la top ten. Tutti i 27 membri dell’Unione europea vivono oltre i livelli di “un pianeta” e gravano sulle risorse naturali di altri paesi. Proviamo ad immaginare: se tutti gli abitanti della Terra avessero lo stesso tenore di vita di un cittadino europeo medio, l’umanità avrebbe bisogno di 2,6 pianeti per sostenersi. Stessa cifra vale per l’Italia. L’impronta di carbonio dell’Europa costituisce quasi il 50% della sua impronta ecologica totale, a causa dell’uso di combustibili fossili come carbone, petrolio e gas naturale. Ma entro il 2050, di Terre potrebbero volercene tre.
Ma le soluzioni ci sono e non appaiono impossibili. Si potrebbe cominciare già dal 23 e 24 ottobre, quando il Consiglio europeo si riunirà a Bruxelles per discutere sul nuovo pacchetto clima ed energia dell’UE al 2030. Quest’ultimo prevede la riduzione delle emissioni di gas serra del 40% rispetto al 1990, un obiettivo vincolante a livello UE per portare la quota delle energie rinnovabili almeno al 27% e un aumento dell’efficienza energetica.
A livello mondiale invece si guarda con fiducia ma anche timore alle Conferenza delle Parti della Convenzione sui Cambiamenti Climatici ONU che avrà luogo a Lima a dicembre in attesa della conferenza di Parigi, durante la quale si dovrà raggiungere un accordo globale per contenere gli effetti pericolosi del riscaldamento a 2° C.
Francesca Mancuso
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