Venezia rischia di finire sott'acqua nel corso dei prossimi decenni. Il nuovo studio dell'SNPA rivela uno scenario poco incoraggiante
Venezia rischia seriamente di finire sott’acqua nel corso dei prossimi decenni. E non stiamo parlando dell’invasione delle acque a Piazza San Marco. L’intera città rischia di essere definitivamente cancellata dall’innalzamento del livello del mare, causato dai cambiamenti climatici.
Sono prospettive inquietanti quelle delineate dal nuovo rapporto SNPA sugli indicatori di impatto dei cambiamenti climatici. Lo studio, condotto dall’Ispra insieme ad altri istituti ed enti di ricerca ha preso in esame l’ambiente alpino e i mari italiani per individuare i possibili effetti dei cambiamenti climatici in Italia.
I nostri ghiacciai fondono ogni anno di più, e i mari mostrano evidenti aumenti di temperatura, con alterazioni marcate nel Mar Ligure, Adriatico e Ionio Settentrionale; evidenze di stress idrico per le colture e le specie vegetali in alcuni casi studio analizzati da Snpa,
segnalano gli scienziati. Il gruppo, formato da 18 tecnici, ha prodotto un documento di 248 pagine, presentato ieri, che rappresenta il primo studio di questo livello sul monitoraggio degli impatti dei cambiamenti climatici in Italia.
Paura per Venezia…
Per gli scienziati, la situazione mostra segnali inequivocabili: le variazioni del livello del mare sono preoccupanti per le conseguenze sulle coste. Dallo studio è emerso che gli incrementi, dell’ordine di pochi millimetri l’anno (valori medi del trend pari a circa 2,2 mm/anno con picchi nel Mare Adriatico di circa 3 mm/anno), sono continui e appaiono ad oggi irreversibili. Ciò accade in particolare a Venezia, dove è presente un fenomeno combinato di eustatismo (innalzamento del livello del mare) e subsidenza (abbassamento del livello del terreno). Secondo lo studio, nel lungo periodo (1872-2019) il tasso di innalzamento del livello medio del mare si attesta sui 2,53 mm/anno, valore più che raddoppiato a 5,34 mm/anno considerando solo l’ultimo periodo (1993-2019).
In altre parole, il livello dell’acqua nella città lagunare sale sempre di più a causa dei cambiamenti climatici ma nel frattempo si abbassa il livello del terreno.
Il ritmo di crescita ha subito un’ulteriore forte accelerazione nell’ultimo decennio tale per cui dal 2009 si sono registrati i valori massimi di livello medio del mare annuale dall’inizio delle registrazioni sistematiche della marea a Venezia.
…ma anche per i ghiacciai alpini
Non solo Venezia. Lo studio ha esaminato anche l’ambiente alpino rilevando evidenti tendenze alla deglaciazione. A causa dell’effetto combinato delle elevate temperature estive e della riduzione delle precipitazioni invernali, è stata registrata una perdita costante di massa con una media annua pari a oltre un metro di acqua equivalente (cioè lo spessore dello strato di acqua ottenuto dalla fusione del ghiaccio) dal 1995 al 2019: si va da un minimo di 19 metri di acqua equivalente per il ghiacciaio del Basòdino fra Piemonte e Svizzera al massimo di quasi 41 metri per il ghiacciaio di Caresèr, in Trentino Alto Adige.
A tali fenomeni si aggiunge una chiara tendenza al degrado del permafrost. L’analisi di due siti pilota regionali (Valle d’Aosta e Piemonte) evidenzia un riscaldamento medio di +0,15 °C ogni 10 anni con un’elevata probabilità di “degradazione completa” entro il 2040 nel sito piemontese: infatti si ha permafrost solo in presenza di temperature negative al di sotto dello strato attivo del suolo per almeno due anni consecutivi, condizione che rischia di scomparire al 2040.
Dalla montagna al mare, la situazione è sempre più preoccupante
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Fonti di riferimento: Sistema nazionale protezione ambientale
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