Tsunami nel mediterraneo: la mappa delle coste a rischio in Italia

Anche il Mediterraneo è a rischio tsunami e lo sono in particolare alcune regioni d'Italia, come la Sicilia, la Calabria e la Puglia. A mostrare quali sono le aree più soggette del Mare Nostrum è stata la mappa realizzata nell'ambito del progetto europeo TSUMAPS-NEAM, coordinato dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv)

Anche il Mediterraneo è a rischio tsunami e lo sono in particolare alcune regioni d’Italia, come la Sicilia, la Calabria e la Puglia. A mostrare quali sono le aree più soggette del Mare Nostrum è stata la mappa realizzata nell’ambito del progetto europeo TSUMAPS-NEAM, coordinato dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv).

La mappa è relativa alla pericolosità di tsunami generati da terremoti nell’area del Mediterraneo (e mari connessi) e dell’Atlantico nord-orientale. La Sicilia orientale, la Calabria ionica, il Golfo di Taranto e il Salento sono le aree italiane più a rischio.

“In media più del 30% delle coste mappate con il progetto, area Neam di cui l’Italia è solo una piccola parte e tra le più pericolose possono subire uno tsunami con onde più alte di un metro ogni 2500 anni” ha detto Roberto Basili, coordinatore del progetto.

Nel Mediterraneo le tre zone che possono generare i terremoti più forti, e quindi anche gli tsunami più violenti, sono l’arco ellenico, cioè la zona che va da Cefalonia a Rodi, l‘arco di Cipro, che arriva fino al Libano, e l’arco Calabro“, precisa Basili. In Italia la “maggiore pericolosità si ha nella Sicilia orientale e nello Stretto di Messina, in Salento, Calabria ionica e Basilicata”, prosegue. Altrove, nel Mediterraneo occidentale, altre zone a rischio anche se minore sono Sardegna meridionale, Sicilia e Mar Ligure perché ci sono delle faglie attive sulla costa nordafricana.

Come spiega il team di ricerca, gli tsunami sono eventi naturali piuttosto rari ma che possono avere un forte impatto. In quanto tali, potrebbero non avere precedenti storici noti. Per questo, spesso, la popolazione non è a conoscenza del rischio. Tuttavia, tsunami più piccoli e più frequenti possono anche essere fattori di rischio significativi.

Dopo lo tsunami del 26 dicembre 2004, in cui oltre 250.000 persone hanno perso la vita nell’Oceano Indiano, la Commissione oceanografica internazionale dell’UNESCO ha ricevuto il mandato per coordinare l’attuazione del sistema di allarme rapido per lo tsunami attraverso il gruppo di coordinamento intergovernativo per l’allarme precoce dello tsunami e per il sistema di mitigazione nella cosiddetta regione NEAM (North-East Atlantic and Mediterranean).

neam region

Quest’ultima non è nuova a catastrofi simili. È stata infatti colpita nel corso dei secoli da tsunami di varie dimensioni, ad esempio quelli generati dai terremoti di Lisbona nel 1755, Messina nel 1908 e Zemmouri nel 2003. Finanziato dalla Commissione europea sotto l’egida della direzione generale della Protezione civile europea e delle operazioni di aiuto umanitario, il progetto di TSUMAPS-NEAM ha permesso di colmare questa lacuna e lavorare sulla mitigazione del rischio.

Dal 2017 il nostro paese ha istituito il Sistema d’Allertamento nazionale per i Maremoti di origine sismica (SiAM), coordinato dal Dipartimento della Protezione Civile nazionale, con Ingv e Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra).

Uno strumento utile visto che terremoti in mare e tsunami possono verificarsi in qualunque momento. Di recente, la notte tra il 25 e il 26 ottobre 2018, un terremoto di magnitudo 6.8 ha colpito le coste dell’isola di Zante, in Grecia, dando vita a uno tsunami che ha tenuto i paesi del Mediterraneo col fiato sospeso. Lo tsunami è stato rilevato in Grecia e in Italia dai mareografi e da testimoni oculari (a Zacinto ci sono state segnalazioni di onde di tsunami alte fino a 1.5 metri) ma per fortuna non ci sono state gravi conseguenze.

In ogni caso, meglio farsi trovare preparati.

Per il report completo clicca qui

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Francesca Mancuso

Foto cover: Ingv

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