Il gasdotto Trans Adriatico piace all’amministrazione Trump, ma questo di certo non è una novità. Il punto è che adesso il presidente americano vorrebbe aumentare drasticamente le pene federali per tutti i manifestanti no TAP, arrivando addirittura a 20 anni di carcere per il blocco della costruzione di infrastrutture di petrolio e gas.
Il gasdotto Trans Adriatico piace all’amministrazione Trump, ma questo di certo non è una novità. Il punto è che adesso il presidente americano vorrebbe aumentare drasticamente le pene federali per tutti i manifestanti no TAP, arrivando addirittura a 20 anni di carcere per il blocco della costruzione di infrastrutture di petrolio e gas.
Come sappiamo, il TAP è l’estensione occidentale del gasdotto Southern Gas Corridor, un oleodotto di 870 km che collegherà il siti di estrazione in Azerbaijan con l’Italia, attraversando il Caucaso, i Balcani e il Mare Adriatico e che potrebbe trasportare circa 10 miliardi di metri cubi all’anno di gas.
Mentre in Italia non si arrestano le polemiche, Trump pensa già a pene severe per chiunque continuerà a protestare e a interrompere i lavori di costruzione. Secondo il Dipartimento dei Trasporti, “atti di vandalismo, manomissione, impedimento, interruzione e inibizione dell’operatività degli oleodotti potrebbero prevedere multe o carcere”.
Attualmente negli Usa sono già previsti dalla legge 20 anni di carcere per il danneggiamento di oleodotti già esistenti, un reato che Trump vorrebbe estendere anche per quelli in costruzione come il TAP.
A dare man forte, c’è il gruppo dell’industria delle fossili che vedrebbe di buon occhio l’estensione del reato.
L’amministrazione sostiene che i cambiamenti sono fondamentali per garantire la sicurezza. Il Consiglio per il gas naturale (NGC) ha definito le modifiche proposte un “passo positivo”, la pensano diversamente gruppi ambientalisti e gli attivisti che sono già all’opera per iniziare un’azione legale contro l’amministrazione Trump.
Da tempo c’è una vera e propria battaglia per proteggere non solo l’ambiente, ma anche tutte le comunità vulnerabili e le tribù indigene che subiscono l’impatto dei combustibili fossili nelle loro terre ancestrali. Da tempo gli indigeni si battono per salvare la natura, unica fonte di sostentamento, per questo subiscono minacce, abusi, soprusi e spesso veri e propri massacri. Documentiamo da sempre le loro battaglie, perché le tribù indigene scendono in piazza senza paura, anche quando davanti c’è l’amministrazione Trump.
Durante l’amministrazione Obama, gli oppositori dell’oleodotto hanno ottenuto importanti vittorie, tra cui il blocco del gasdotto Dakota Access a seguito di proteste da parte di comunità e alleati indigeni. Ma il presidente Donald Trump ha ribaltato la situazione, spingendo per l’espansione del gasdotto.
Ad aprile ha firmato ordini esecutivi che aprono la strada alla costruzione di oleodotti e gasdotti più rapidamente, alcuni stati dove passerà la nuova costruzione hanno già approvato delle norme precise: chi interromperà i lavori, commetterà un crimine. Succede già in Texas, Louisiana, Dakota del Sud, la Pennsylvania e altri stati ricchi di energia.
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Dominella Trunfio