Trombe d’aria ed eventi meteorologici sempre più estremi, ma in Italia manca ancora un piano di adattamento al clima

Dal 2010 si è assistito a un aumento degli eventi meteorologici estremi in Italia, ma manca un piano di adattamento alla crisi climatica

Nell’ultimo decennio si è assistito ad un inquietante aumento dei fenomeni meteorologici estremi in Italia, eppure il nostro Paese è l’unico in Europa a non prevedere un piano di adattamento alla crisi climatica

È ormai sotto gli occhi di tutti (anche di chi nega l’esistenza della crisi climatica): trombe d’aria, alluvioni e altri fenomeni meteorologici estremi sono sempre più frequenti in Italia. Lo abbiamo visto di recente in Sicilia, colpita qualche giorno fa da circa 12 trombe d’aria nel giro di appena 24 ore. A confermare questo inquietante trend è il nuovo rapporto dell’Osservatorio CittàClima di Legambiente. Dal 1° novembre del 2010 al 1° novembre del 2021 si sono registrati 1.118 eventi meteorologici estremi (+17,2% rispetto al precedente monitoraggio) e i comuni investiti da questi fenomeni sono stati 602 comuni, ben 95 in più rispetto allo scorso anno, mentre il bilancio è di 261 vittime.

Le aree d’Italia più colpite dai fenomeni metereologici estremi

Andando più nel dettaglio del report, si sono verificati: 486 casi di allagamenti da piogge intense, 406 casi di stop alle infrastrutture da piogge intense con 83 giorni di stop a metropolitane e treni urbani, 308 eventi con danni causati da trombe d’aria, 134 gli eventi causati da esondazioni fluviali, 48 casi di danni provocati da prolungati periodi di siccità e temperature estreme, 41 casi di frane causate da piogge intense e 18 casi di danni al patrimonio storico.

Un altro fenomeno sempre più frequente è rappresentato dalle grandinate estreme, che hanno colpito con maggiore intensità campagne e centri urbani. Soltanto nel corso del 2021 si sono verificati 14 eventi di danni causati dalla grandine. Nell’ultimo decennio, inoltre, a causa del maltempo si sono registrati 83 giorni di stop a metropolitane e treni urbani e 89 giorni di disservizi estesi sulle reti elettriche.

Nel Rapporto 2021 di Legambiente sono state individuate 14 aree del Paese dove si ripetono con maggiore intensità e frequenza alluvioni, trombe d’aria e in alcuni casi negli stessi territori ondate di calore.

Si tratta di grandi aree urbane e di territori costieri dove la cronaca degli episodi di maltempo e dei danni è senza soluzione di continuità e per questo dovrebbe portare a un’attenzione prioritaria da parte delle politiche. – spiega l’associazione ambientalista – Ad intere città come Roma, Bari, Milano, Genova e Palermo, vanno aggiunti territori colpiti da eventi estremi ripetutamente e negli stessi luoghi. Aree come la costa romagnola e nord delle Marche, con 42 casi, della Sicilia orientale e della costa agrigentina con 38 e 37 eventi estremi. In queste ultime due aree sono stati numerosi i record registrati nel corso del 2021: a Siracusa l’11 agosto, si è raggiunto il record europeo di 48,8 °C, nel catanese e siracusano in 48 ore si è registrata una quantità di pioggia pari ad un terzo di quella annuale. Inoltre, proprio questa parte dell’isola è stata teatro di devastazione a seguito del medicane Apollo. Colpita anche l’area metropolitana di Napoli dove si sono verificati 31 eventi estremi, mentre, tra gli altri territori, ci sono il Ponente ligure e la provincia di Cuneo, con 28 casi in tutto, il Salento, con 18 eventi di cui 12 casi di danni da trombe d’aria, la costa nord Toscana (17 eventi), il nord della Sardegna (12) ed il sud dell’isola con 9 casi.

Sempre più urgente l’adozione di un piano di adattamento ai cambiamenti climatici

Ma come far fronte a questi eventi che con sempre più frequenza provocano danni e vittime? Innanzitutto, come sottolineato da Legambiente, sarebbe necessario approvare un Piano di adattamento ai cambiamenti climatici, la cui mancanza ha impattato anche nella programmazione delle risorse di Next Generation UE. Sono 23 gli Stati Ue – più il Regno Unito – che prevedono un piano di questo tipo, ma l’Italia manca ancora all’appello.

Il nostro Paese non ha un piano che individui strategie e interventi più urgenti, per cui il rischio è che anche le risorse del PNRR siano sprecate– spiega Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente. – Siamo rimasti gli unici in Europa in questa situazione, pur essendo uno dei Paesi che conta i danni maggiori. Per questo dobbiamo valorizzare i sistemi di analisi, le competenze e le tecnologie di cui disponiamo per monitorare gli impatti e per comprendere come ripensare gli spazi delle città, in modo da mettere in sicurezza le persone e cogliere questa opportunità per renderli anche più vivibili.

Secondo Legambiente, però, soltanto il piano non è sufficiente. Un’altra misura urgente sarebbe un programma di finanziamento e intervento per le 14 aree del Paese più colpite dal 2010 ad oggi. Per l’associazione ambientalista il “Programma sperimentale di interventi per l’adattamento ai cambiamenti climatici in ambito urbano” del MiTE – che finanzia interventi nei Comuni con più di 60mila abitanti – è un primo passo in questa direzione ma occorre fare un passo avanti, individuando le aree urbane prioritarie e introducendo un fondo pluriennale che permetta alle città la programmazione di interventi.

Inoltre, occorre rafforzare il ruolo delle Autorità di Distretto e dei Comuni negli interventi contro il dissesto idrogeologico. Infine, per Legambiente è fondamentale rivedere le norme urbanistiche per salvare le persone dagli impatti della crisi climatica. Uno dei problemi principali è che si continua a costruire in aree a rischio idrogeologico e a portare avanti interventi che mettono a rischio vite umane.

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Fonte: Legambiente

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