Saranno i cittadini con il referendum a decidere se le trivelle dovranno ancora perforare i nostri mari, a caccia delle ultime gocce di petrolio. La Corte Costituzionale ha confermato l'ammissibilità del quesito promosso dalla Cassazione
Saranno i cittadini con il referendum a decidere se le trivelle dovranno ancora perforare i nostri mari, a caccia delle ultime gocce di petrolio. La Corte Costituzionale ha confermato l’ammissibilità del quesito promosso dalla Cassazione.
Secondo la Corte Costituzionale, le modifiche apportate dal governo, con la legge di Stabilità, alla normativa sulle trivellazioni non solo non sono sufficienti ma non rispondono davvero agli intenti dei promotori. Per questo, i giudici hanno rimandato alla volontà popolare la decisione sulle disposizioni del Decreto Sviluppo del 2012.
Ciò significa che saremo chiamati ad esprimerci per evitare che i permessi già accordati entro le 12 miglia possano essere prorogati oltre la loro naturale scadenza, per tutta la “durata della vita utile del giacimento”. In sostanza avremo la possibilità di dire basta alle trivellazioni, scegliendo anche di far chiudere definitivamente i procedimenti ancora in corso.
Lo scorso autunno, alcune regioni avevano depositato in Cassazione sei proposte di referendum per bloccare i tentativi del governo di aumentare la produzione offshore di idrocarburi: Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise non hanno accettato le trivellazioni entro le 12 miglia e sul territorio.
La Cassazione ha riammesso dunque il quesito referendario sul divieto delle attività petrolifere entro le 12 miglia. Secondo la sentenza della Corte, l’emendamento del Governo alla legge di stabilità ripristina il divieto ma lascia ancora aperte alcune questioni. Quella che fa più discutere riguarda la sospensione, non l’annullamento definitivo, delle richieste avanzate dalle compagnie senza fornire ulteriori informazioni neanche sullaa scadenza dei titoli già rilasciati.
“Il nostro mare continua a essere in pericolo. Sono oltre 127mila i kmq di mare in cui 13 compagnie petrolifere, di cui 6 italiane e 7 straniere, intendono avviare attività di ricerca e prospezione per fini petroliferi. I permessi di ricerca attualmente rilasciati, dall’Adriatico al Canale di Sicilia passando per lo Ionio, sono 16 (compreso l’ultimo della Petrceltic rilasciato dal MISE a fine anno e che riguarda 373 kmq di mare vicino le isole Tremiti), per un totale di 6.327 kmq, cui si aggiungono le 38 richieste di permesso di ricerca per un totale di 23.739 kmq e le 8 istanze di permesso di prospezione per circa 96.585 kmq, oltre le 5 richieste di concessione per l’estrazione di petrolio per ulteriori 558,7 kmq. Senza dimenticare le due richieste di nuove piattaforme petrolifere Vega B di Edison nel canale di Sicilia e Ombrina di Rockhopper a largo della costa teatina in Abruzzo” fa notare Legambiente.
Ciò che le associazioni sottolineano è che non si può parlare bene a livello internazionale promettendo un futuro all’insegna delle energie pulite, per poi puntare alle fossili.
Il referendum sarà solo l’inizio della battaglia, promette Greenpeace, secondo cui “quello che serve per difendere una volta per tutte i nostri mari è il rigetto immediato e definitivo di tutti i procedimenti ancora pendenti nell’area di interdizione delle 12 miglia dalla costa (a cominciare da Ombrina) e una moratoria di tutte le attività di trivellazione”.
La battaglia tra le regioni e la strategia fossile del governo Renzi potrebbe ottimisticamente essere risolta dalla matita dei cittadini chiamati alle urne.
“La Sentenza della Corte Costituzionale, che ha confermato il referendum sulle trivelle sul quesito già promosso dalla Corte di Cassazione, ci dà lo spunto per rilanciare richieste chiare al Governo: rigetto immediato e definitivo di tutti i procedimenti ancora pendenti nell’area di interdizione delle 12 miglia dalla costa (a cominciare da Ombrina) e una moratoria di tutte le attività di trivellazione a mare e a terra, sino a quando non sarà definito un Piano energetico nazionale volto alla protezione del clima e rispettoso dei territori e dei mari italiani” è la richiesta congiunta di Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Touring Club italiano e WWF.
Che sia davvero la volta buona per dire addio alle trivelle?
Francesca Mancuso
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