“Per un pugno di taniche”, il dossier di Legambiente contro il petrolio

Legambiente presenta un dossier contro il petrolio in Italia: non ci serve ed estrarlo è pericoloso

Legambiente presenta il dossier “: se non si cancella l’articolo 35 del decreto Sviluppo i nostri mari si riempiranno di piattaforme petrolifere, mettendo a rischio 24 mila chilometri quadrati di territorio. Le aree più a rischio sono l’Adriatico e il Canale di Sicilia.

L‘allarme di Legambiente è chiaro e circostanziato: “L’Italia sta diventando il paradiso fiscale dei petrolieri. Fermare subito le nuove trivelle dall’Adriatico, allo Jonio e fino al Canale di Sicilia. Il Parlamento cancelli l’articolo 35 del decreto sviluppo e ridia un ruolo decisionale agli enti locali“.

L’articolo in questione è una sorta di sanatoria su decine di progetti di estrazione del petrolio e del gas a meno di 5 miglia dalle coste italiane. Sanatoria che l’associazione definisce “Un vero assalto al mare italiano” che non servirebbe neanche a darci un minimo di indipendenza energetica in più visto che la quantità totale di petrolio presente sotto i mari italiani ammonta a 10 milioni di tonnellate, pari a un paio di mesi appena del consumo italiano.

Ecco perché, secondo Legambiente, stiamo per svendere la sicurezza del mare “Per un pugno di Taniche”. Ed ecco perché, al contrario, il Parlamento dovrebbe cancellare l’articolo 35. Il dossier è stato presentato questa mattina a Pozzallo, in provincia di Ragusa, a 12 miglia marine esatte dalla piattaforma Vega A di Edison che potrebbe presto essere affiancata dalla Vega B, attualmente in fase di Valutazione di Impatto Ambientale.

Nonostante i dati dimostrino una graduale uscita dal petrolio, nell’ultimo anno è aumentata la produzione di greggio nel nostro Paese – ha dichiarato Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente – Siamo di fronte a un attacco senza precedenti alle bellezze del nostro Paese. Stiamo cedendo chilometri di costa e sottosuolo in cambio di una presunta, quanto irreale, indipendenza energetica. La realtà è che l’Italia è diventata una sorta di paradiso fiscale per i petrolieri. Per loro il rischio d’impresa, grazie alle ultime leggi, è quasi nullo, mentre restano incalcolabili i rischi per l’ambiente“.

Nel 2012, si legge nel dossiet “Per un pugno di taniche“, in Italia sono stati estratti 5,4 milioni di tonnellate di petrolio, il 2,5% in più rispetto all’anno precedente, di cui 473mila in mare. Regina del petrolio, con oltre il 75% del totale estratto, è la Basilicata. Ma nel mare i punti più petrolizzati sono l’Adriatico centro meridionale e il Canale di Sicilia, dove si trovano le 10 piattaforme oggi attive.

La Sicilia, spiega Legambiente, fa caso a parte perché nel Canale al momento ci sono 5 permessi di ricerca rilasciati per un totale di 2.446 kmq. Ma per fortuna almeno i sei permessi di ricerca a largo delle Egadi di cui era titolare Shell non ci sono più. Oltre ai permessi già rilasciati, infine, ci sono altre 10 richieste di permessi di ricerca per circa 4.050 kmq: a sud di Capo Passero (SR), a largo di Gela; a largo della costa di Pozzallo; a largo di Agrigento e nel tratto di mare tra Marsala e Mazara del Vallo.

Peppe Croce

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