Nel Triangolo delle Bermuda le navi scompaiono davvero? Il mistero potrebbe in realtà avere ora una ragione scientifica sulla base di una recente review che attribuisce un ruolo chiave al Mar dei Sargassi. Ecco perché
Il mistero del Triangolo delle Bermuda, dove sembra che le navi scompaiano a ritmi molto più veloci di ogni altro punto del Pianeta, potrebbe avere ora una spiegazione scientifica: una recente review condotta dalla University Hospital of Martinique (Francia) e pubblicata sul Journal of Global Health attribuisce un ruolo chiave al Mar dei Sargassi. Che potrebbe essere duplice.
Il Triangolo delle Bermuda è un tratto di oceano di circa 500mila chilometri, situato tra Florida, Porto Rico e Bermuda. Decine di aerei e centinaia di navi sono scomparse misteriosamente qui, per questo l’area è protagonista di diverse leggende, tanto da essere soprannominata anche Triangolo del Diavolo o Triangolo maledetto.
Negli anni, sono state avanzate diverse teorie per spiegare le cause di tali catastrofi. C’è chi parla di forze paranormali, di interferenze elettromagnetiche che rompono le bussole, maltempo, forti correnti del Golfo o grandi depositi sottomarini di metano.
Nel 2018, poi, uno studio guidato dall’Università di Southampton (UK) sosteneva che le sparizioni erano dovute a onde alte 30 metri scatenate da tempeste provenienti da ogni direzione.
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Ora un’altra affascinante ipotesi che vede come protagonista il Mar dei Sargassi, che, come riferisce la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), è una vasta zona oceanica che prende il nome da un genere di alghe galleggianti chiamate Sargassum, e in particolare specie che non solo galleggiano liberamente nell’oceano, ma che si riproducono anche vegetativamente in alto mare.
Sappiamo che nel 1492 la nave di Cristoforo Colombo si incagliò nel Mar dei Sargassi a causa della mancanza di vento: per tre giorni, mentre la nave e le sue navi gemelle erano alla deriva, incontrarono proprio il sargasso.
L’equipaggio della Santa Maria temette che la nave si sarebbe arenata, oppure che si sarebbe incagliata nelle alghe. Per questo motivo il mare divenne leggendario tra i marinai, oltre ai venti stranamente calmi, prima di essere descritto da Jules Verne nel romanzo Ventimila leghe sotto i mari.
Ma c’è di più.
Esposizioni significative (50-400 ppm) possono produrre difficoltà di respirazione, agitazione, confusione, nausea e vomito, pressione sanguigna elevata e perdita di coscienza – si legge nella review guidata dalla University Hospital of Martinique – A concentrazioni più elevate, [l’acido solfidrico prodotto dalle alghe in decomposizione] provoca rapidamente infarto miocardico, perdita di coscienza, convulsioni, acidosi e morte”.
Pertanto, secondo questa nuova teoria, parte della spiegazione sulla scomparsa delle navi nel Triangolo delle Bermuda potrebbe derivare dalla paura di questi primi marinai per la mancanza di vento e la massa di alghe, ma anche da possibili problemi di salute generati dalle alghe stesse.
Comunque, statisticamente, non si verificano più incidenti nel Triangolo delle Bermuda rispetto ad altre aree degli oceani e dei mari. In effetti, uno studio condotto nel 2013 che esaminava le acque più pericolose per la navigazione documentando incidenti e inconvenienti, non includeva il Triangolo delle Bermuda nella sua top 10.
Non è in effetti stato dimostrato che davvero il Triangolo delle Bermuda sia un luogo di morte, ma che lì ci siano probabili cause di incidenti forse ora sì.
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Fonti: Journal of Global Health
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