Top Kill non funziona. Dopo aver pompato oltre 35 barili di fanghi nella falla aperta a 1, 6 chilometri sotto il livello del mare nel Golfo del Messico, la Bp ha dovuto arrendersi all'evidenza e ammettere che la manovra sulla quale tutto il mondo stava riponendo le speranze per arginare l'emorragia di petrolio che continua ad uscire corposo da oltre 40 giorni, ha fallito.
Top Kill non funziona. Dopo aver pompato oltre 35 barili di fanghi nella falla aperta a 1, 6 chilometri sotto il livello del mare nel Golfo del Messico, la Bp ha dovuto arrendersi all’evidenza e ammettere che la manovra sulla quale tutto il mondo stava riponendo le speranze per arginare l’emorragia di petrolio che continua ad uscire corposo da oltre 40 giorni, ha fallito.
Colpa dell’impossibilità di stabilizzare la pressione, condizione indispensabile per poter portare a termine l’operazione con l’ultima fase, quella relativa alla cupola di cemento da iniettare nel pozzo danneggiato.
Ad annunciare l’abbandono dell’operazione Top Kill, Doug Suttles, il chief operating officer di Bp al New York Times. La multinazionale petrolifera inglese fa sapere che ora la prossima carta da giocare è quella di provare a convogliare il petrolio in superficie deviando il flusso con un collegamento alla supervalvola e aspirando il greggio fino alla nave di appoggio che tenterà di recuperarlo.
Una sorta di cupola di contenimento in grado di “minimizzare il flusso di petrolio nel Golfo“, ha spiegato AD di Bp Tony Hayward che ha stimato in 4 giorni il tempo necessario per approntare il sistema. Si tratta di un’opzione che però non bloccherà la falla ma tenterà di “limitare i danni”. Ma il tempo scorre e il petrolio continua ad inquinare il Golfo del Messico. Dalle valutazioni che stanno arrivando dal governo statunitense la stima è calcolata dagli 1,9 ai 3 milioni di litri al giorno, ovvero dai 12.000 ai 19.000 barili di greggio che rendono il disatro della Deepwater Horizon il più grande disastro ambientale degli Stati Uniti. Alla fine, come si temeva la marea nera nel Golfo del Messico ha superato anche la catastrofe petrolifera della Exxon Valdez del 1989 (leggi il nostro articolo sulle 10 peggiori maree nere del mondo).
E si cominciano a scoprire i veli anche sulle conseguenze non visibili del disastro: in fondo al mare, vicino ai fondali il petrolio sta sedimentando in profondità rendendo addirittura impossibile la vista al sottomarino dell’università della Louisiana che aveva provato ad immergersi per valutare la portata della situazione. Un situazione tragica perché il greggio che si deposita sui fondali ha conseguenza devastanti per tutto l’intero ecosistema marino e occorrono dai 30 ai 50 per biodegradarlo.
Ma la cosa peggiore è apprendere che potrebbero essere necessari altri due mesi prima che Bp riesca a risolvere davvero il problema e tale sitauzione di stallo si sta ripercuotendo anche sull’operato di Barack Obama che vede precipitare la fiducia e proliferare le critiche di chi ritiene che non sia riuscito a rispondere con la giusta tempestività all’emergenza. “Continueremo a usare tutti i mezzi per fermare la falla, fino al completamento dei due pozzi di soccorso attualmente allo scavo“, ha tentato di rassicurare il presidente Obama in una nota dopo la notizia del fallimento di Top Kill, anche se non nasconde le lunghe tempistiche che saranno necessarie per risolvere definitivamente la situazione, ormai assai scettico sulla nuova manovra “lower marine riser package” annunciata da Bp.
Ma come giustificarlo agli abitanti delle coste, già martoriati dall’uragano Katrina che vedono affievolirsi la speranza di tornare a vivere in una situazione di normalità ogni giorno che passa.
Simona Falasca