Metalli: scoperti grandissimi depositi di terre rare sul fondo dell’Oceano Pacifico

I ricercatori giapponesi dell'Università di Tokyo e della Japan Agency for Marine-Earth Science and Technology annunciano la scoperta di un vasto deposito di terre rare sui fondali dell’Oceano Pacifico in un’area che si estende da est a ovest delle Hawaii e a est di Tahiti nella Polinesia francese.

I ricercatori giapponesi dell’Università di Tokyo e della Japan Agency for Marine-Earth Science and Technology annunciano la scoperta di un vasto deposito di terre rare sui fondali dell’Oceano Pacifico in un’area che si estende da est a ovest delle Hawaii e a est di Tahiti nella Polinesia francese.

Le stime del team nipponico parlano di 100 miliardi di tonnellate di minerali nei fondali, circa 1.000 volte quelli stimati sulla terraferma, individuati in 78 punti diversi ad una profondità tra 3.500 e 6.000 metri sotto il livello del mare. I depositi conterrebbero tra gli 80 e i 100 miliardi di tonnellate di terre rare, quando le attuali riserve mondiali ne contano appena 110 milioni di tonnellate.

Cifre da capogiro che fanno esultare il comparto dell’hi-tech, ma anche quello delle green technology, dopo che solo pochi giorni fa il ministero dell’Energia americano aveva lanciato l’allarme dell’esaurimento delle terre rare entro il 2015. Yasuhiro Kato, professore associato di scienze della terra dell’Università di Tokyo, spiega che solo un Km2 del deposito sarà in grado di fornire 1/5 del consumo mondiale annuale.

I “rare earth elements” o “rare earth metals” sono diventati sempre più indispensabili e il loro uso spazia dagli smartphone alle batterie ricaricabili per auto elettriche e ibride, dagli schermi televisivi e monitor per PC alle fibre ottiche e turbine eoliche . Ma anche superconduttori, magneti, laser, convertitori catalitici, lampade fluorescenti, risonatori a microonde e refrigerazione magnetica.

Indio, Europio, Tellurio, Erbio, Afnio, Tantalio, Tecnezio, Lantanio e Cerio, Disprosio, Terbio, Ittrio sono elementi sempre più indispensabili. Ma il monopolio della loro produzione è tutto Made in China, Paese che, in barba al 37% detenuto in terra patria e a qualsiasi norma di tutela ambientale, ne controlla il 90% e sta limitando sempre più le esportazioni.

La notizia della scoperta del giacimento sarebbe, quindi, un buon modo per arginare l’avanzata cinese. L’International seabed authority (Autorità Internazionale per i Fondali Marini), ente intergovernativo fondato per coordinare e controllare tutte le attività connesse ai minerali presenti nei fondali marini internazionali oltre i limiti delle giurisdizioni nazionali, è già al lavoro per coordinare gli sforzi dei vari Paesi ed evitare una guerra delle terre rare negli oceani.

Con la speranza che l’eventuale estrazione degli elementi trovati venga svolta nel massimo rispetto dei fondali e che la loro produzione non dia adito ad uno sfruttamento indiscriminato dell’oceano che andrebbe a compromettere gli ecosistemi marini.

Roberta Ragni

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