21 inquilini dello stesso palazzo muoiono per tumore dovuto a roghi tossici (ma non avranno giustizia)

Ventuno morti non avranno mai giustizia. La loro unica colpa è stata quella di aver vissuto nella stessa palazzina, in un condominio del quartiere Japigia di Bari. Lì, avrebbero respirato i veleni emessi dai continui roghi di una discarica comunale, ormai in disuso.

Ventuno morti non avranno mai giustizia. La loro unica colpa è stata quella di aver vissuto nella stessa palazzina, in un condominio del quartiere Japigia di Bari. Lì, avrebbero respirato i veleni emessi dai continui roghi di una discarica comunale, ormai in disuso.

Una storia che fa rabbrividire, una “terra dei fuochi” in Puglia. Secondo quanto appurato dalle indagini dei Carabinieri coordinate dalla magistratura barese e col supporto di accertamenti affidati all’Arpa, 21 dei 27 decessi dovuti a neoplasie rare sarebbero attribuibili alla

“esposizione dei condomini ad una sicura fonte di inquinamento ambientale rappresentata da prodotti di combustione provenienti dall’area oggi occupata dalla collinetta ecologica”.

Queste morti sono avvenute tutte a metà degli anni Novanta. Allora, la discarica era di proprietà del Comune ed era gestita dall’Amiu. Venne dismessa nel 1971, proprio a causa dei “continui incendi per autocombustione“. Infine, è stata bonificata tra il 1989 e il 1997.

Troppo tardi. Il danno era già fatto. I roghi di via Caldarola secondo le indagini della Procura di Bari, avevano delineato un quadro epidemiologico che “richiama fortemente quello riscontrato nelle aree della cosiddetta terra dei fuochi”.

Purtroppo nessuna delle vittime avrà giustizia. Le indagini infatti si sono concluse con una richiesta di archiviazione perché è passato troppo tempo.

“La vicinanza del condominio con l’area della ex discarica, non più di 300 metri, l’assenza di altre costruzioni interposte e l’azione dei venti, hanno favorito il convogliamento delle sostanze inquinanti e la loro aero-dispersione verso gli alloggi”, si legge negli atti.

A farne le spese sono state soprattutto le prime case costruite in quell’area, i cui abitanti sono stati esposti più a lungo ai veleni dei roghi.

La Procura ha attribuito la responsabilità sulla vigilanza del sito “in solido all’Amiu e al Comune di Bari, in persona dei loro rappresentanti pro tempore dal 1962 al 1988“, ma purtroppo “le condotte sono assai risalenti nel tempo per essere perseguibili penalmente, anche oltre trent’anni or sono, e dovrebbero essere individuate nel periodo precedente all’attuazione del piano di recupero della discarica e della mancata predisposizione delle misure di salvaguardia atte ad evitare gli incendi per autocombustione”.

Oggi, a 37 anni dalla chiusura della discarica, c’è chi piange ancora i propri cari. Oggi, nessuno pagherà per quello che è successo.

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Francesca Mancuso

Foto cover

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