La rivista Nature propone di creare un laboratorio a cielo aperto per analizzare e valutare dal punto scientificamente tutti i danni prodotti dall'esposizione ambientale a sostanze tossiche nella Terra dei Fuochi
Come sarebbe la Terra dei Fuochi se fosse elevata a laboratorio per la ricerca medica e scientifica? È la provocazione che arriva dalla rivista Nature che a questa terra maltrattata che si allunga tra Napoli e Caserta ha dedicato un intero editoriale.
“A toxic legacy“, il titolo, letteralmente “un’eredità tossica“, ovvero cosa stiamo riservando ai nostri figli qui nelle terre della munnezza.
L’obiettivo che propone l’autorevole rivista è solo uno: realizzare nell’area “un gigantesco esperimento di esposomica”, una sorta di progetto di epidemiologia ambientale insomma.
Ma andiamo con ordine: “esposoma” è un concetto proposto per la prima volta da Christopher Wild, direttore dello IARC di Lione, in un articolo apparso su CEBP nel 2005 e rappresenta l’insieme delle esposizioni di un individuo nell’arco della sua intera vita e l’effetto delle sue interazioni con l’ambiente: non solo gli agenti chimici e fisici presenti nell’aria e nell’acqua, ma anche tutto ciò che dello stile di vita (alimentazione, alcol, esercizio fisico, fumo) lascia la propria impronta molecolare nell’organismo.
Detto fatto, lo scopo di quell’editoriale (non firmato) è proporre di creare un laboratorio a cielo aperto per analizzare e valutare dal punto di vista scientifico tutti i danni prodotti dall’esposizione ambientale a sostanze tossiche, identificando nell’organismo degli abitanti degli specifici biomarcatori-spia. In buona sostanza, studiare gli effetti dell’inquinamento sulla salute.
Un’idea, d’altro canto, che si riallaccia a quella di Gennaro Ciliberto, direttore scientifico dell’Istituto nazionale dei tumori Pascale di Napoli : destinare a questi studi i fondi strutturali dell’Unione Europea previsti dalla programmazione 2007-2013 in corso e destinati alla Campania, che sono pari a circa 7 miliardi di euro ancora non spesi.
“La Campania potrebbe essere un campo di studio perfetto per un programma di biomonitoraggio – dice Ciliberto nell’articolo della rivista scientifica – Esistono precedenti in materia“.
A Salonicco, per esempio, nella Grecia del nord, i nuovi poveri “hanno iniziato a bruciare biomasse per riscaldare le case, contribuendo allo smog. Un progetto di ricerca della Ue abbina regolari analisi degli inquinanti atmosferici con analisi delle urine e del sangue con l’obiettivo di determinare quantitativamente come la loro espressione genica, il metabolismo e il profilo proteico cambiano per effetto degli inquinanti entrati nell’organismo“, conclude Ciliberto.
Insomma, si tratta di finanziare degli studi sulla Terra dei fuochi con i fondi strutturali della Commissione europea destinati alla Campania. Ma in che misura vale la pena orientarli in quella direzione? E, soprattutto, diciamocela tutta: la spartizione di cifre simili non ha mai sortito effetti positivi, cha abbiano appagato i più e risposto alle esigenze – tutte – dei cittadini del Sud, a maggior ragione se si considera una (eventuale?) infiltrazione della malavita in queste attività.
Siamo sicuri che non si produrrebbe un ulteriore buco nell’acqua?
Germana Carillo
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