Un ultimo studio epidemiologico conferma la tragica relazione causa-effetto tra emissioni industriali e danno sanitario.
Taranto e Ilva, perenne condanna. Proprio in qui, in quest’area della Puglia che comprende i comuni di Taranto, di Massafra e di Statte, si paga caro e amaro lo scotto di essere una delle zone più industrializzate d’Italia. Perché qui la relazione tra le esposizioni ambientali legate al complesso industriale, in particolare all’acciaieria, e la mortalità o morbosità della popolazione residente è agghiacciante.
Si muore di tumori, anche tra i bambini, si muore di malattie respiratorie acute, di malattie dell’apparato digerente e del sistema circolatorio. Insomma, c’è una chiara relazione causa-effetto tra emissioni industriali e danno sanitario, e lo conferma un ulteriore Studio epidemiologico sugli effetti delle esposizioni ambientali dei cittadini di Taranto presentato in questi giorni a Bari.
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Il rapporto mette in evidenza i risultati dell’indagine epidemiologica condotta per valutare l’effetto delle sostanze tossiche di origine industriale, emesse soprattutto dall’ILVA, sullo stato di salute dei residenti. Il danno è stato valutato prendendo in considerazione l’insorgenza di patologie, un loro eventuale aggravamento tale da comportare un ricovero ospedaliero o, nei casi più gravi, il decesso.
In questo studio sono stati valutati gli effetti delle esposizioni ambientali e occupazionali sulla mortalità/morbosità di una determinata coorte (termine che, in epidemiologia, sta a indicare un insieme di individui di una popolazione predefinita che hanno sperimentato una stesso condizione in un periodo definito e seguiti nel tempo), formata da 321.356 persone, residenti tra il 1 Gennaio 1998 ed il 31 Dicembre 2010 nei comuni di Taranto, Massafra e Statte.
Lo studio, inoltre, è stato realizzato nell’ambito delle attività del Centro Salute e Ambiente della Regione Puglia, in collaborazione con il dipartimento di Epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio, della Asl di Taranto, di Arpa Puglia e di Ares Puglia. Ad ogni individuo, sulla base dell’indirizzo di residenza, sono stati attribuiti gli indicatori della esposizione alla fonte di inquinamento presente nell’area utilizzando i risultati di modelli di dispersione in atmosfera degli inquinanti scelti come traccianti (Pm10 ed So2, ossia polveri sottili e anidride solforosa).
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Ne sono emersi cinque punti essenziali:
1. L’esposizione a Pm10 e So2 di origine industriale è da associare a un aumento della mortalità per cause naturali, tumori, malattie cardiovascolari e renali dei residenti. Per entrambi gli inquinanti si è osservata un’associazione con la mortalità per cause tumorali (soprattutto del tumore al polmone) e per le malattie dell’apparato cardiovascolare. Un aumento di rischio si è osservato anche per le malattie dell’apparato renale.
2. Tra i residenti nell’area di Taranto, per effetto delle polveri sottili e dell’anidride solforosa, sono stati osservati eccessi per malattie neurologiche, cardiache, infezioni respiratorie, malattie dell’apparato digerente e malattie renali. Le gravidanze non giunte a conclusione sono da associare all’esposizione ad anidride solforosa delle donne residenti, mentre tra i bimbi di età compresa tra 0 e 14 anni ci sono eccessi per quanto riguarda le patologie respiratorie.
3. L’incidenza tumorale è associata nel periodo 2006-2011 all’esposizione agli inquinanti studiati. L’aumento del rischio raggiunge la significatività statistica per tumore del polmone (+29% per esposizione a PM10, + 42% per SO2).
4. Lo stato delle condizioni socioeconomiche e dei fattori di rischio individuali, come il fumo di sigarette e l’alcol, non sono considerati responsabili dei risultati riscontrati.
5. La produttività dell’ILVA ha subito delle variazioni nel corso del tempo e, di conseguenza, sono variate di volta in volta le emissioni. Ne consegue che l’andamento della mortalità ha seguito in modo speculare l’andamento della produttività e l’inquinamento nei quartieri Tamburi e Borgo. Si sono avute variazioni positive dei tassi di mortalità fino al 2012, a seguito di incrementi del PM10 di origine industriale, e poi una riduzione dell’inquinamento e della mortalità nel 2013-2014.
Soluzioni? Ieri la Giunta regionale ha deliberato di impugnare dinanzi alla Corte Costituzionale la legge numero 151 del 2016, che ha convertito l’ultimo decreto legge sull’Ilva “per lesione del principio di leale collaborazione che dovrebbe ispirare l’operato del legislatore”.
Perché la legge, dice la nota della Regione “non prevede alcuna forma di coinvolgimento della Regione nella procedura di modifica o integrazione al piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria o di altro titolo autorizzativo necessario per l’esercizio dell’impianto siderurgico del Gruppo Ilva di Taranto, attuando così una discriminazione totalmente irragionevole. E l’esclusione di qualunque strumento collaborativo con la Regione – si conclude – rende palesemente incostituzionale la disposizione impugnata”.
Dalla Regione, quindi, no alla Legge Salva-Ilva, che impedirebbe alla magistratura di bloccare l’impianto.
Perché solo questa sarebbe la soluzione: fermare o quanto meno rallentare i processi produttivi fin quando non si parla più di numeri così elevati di decessi.
Germana Carillo