Petrolio in mare a Gela. Una nuova marea nera sta minacciando le coste italiane. Si teme il disastro ambientale. Ancora confuse e frammentate le notizie sullo sversamento di petrolio osservato questa mattina alla foce del fiume Gela, in Sicilia
Petrolio in mare a Gela. Una nuova marea nera sta minacciando le coste italiane. Si teme il disastro ambientale. Ancora confuse e frammentate le notizie sullo sversamento di petrolio osservato questa mattina alla foce del fiume Gela, in Sicilia.
Sarebbe un improvviso guasto all’impianto topping 1 dello stabilimento petrolchimico ad aver provocato la fuoriuscita di petrolio alla foce del fiume e poi in mare aperto. L’avaria, secondo quanto riportato da QuotidianodiGela, si sarebbe verificata alle 7 del mattino.
Vigili del fuoco, mezzi antinquinamento della Eureco e Capitaneria di Porto sul posto da subito, ma la marea nera non ha smesso di avanzare raggiungendo il mare. Tre mezzi della Eureco hanno cercavato di tamponare l’enorme macchia oleosa che sta già mietendo vittime tra flora e fauna marine.
I pannelli galleggianti utilizzati per evitare la diffusione del petrolio non sono riusciti ad arrestarne la propagazione. E la paura più grande adesso è che le correnti possano trasportarlo in un tratto di mare ancora più ampio.
I mezzi navali sono ancora al lavoro, in attesa dell’arrivo di altre unità da Pozzallo e da Catania. Intanto, la procura di Gela ha già disposto il sequestro dell’impianto.
“L’ennesimo episodio di sversamento a mare di petrolio proveniente dalla raffineria di Gela, all’indomani di una giunta di governo che proprio a Gela ha stabilito di potenziare nelle aree industriali siciliane le strutture di prevenzione sanitaria e cura sulle malattie tipiche dell’industrializzazione, obbliga il governo della Regione ad elevare il livello di soglia dei controlli da effettuare in quei siti“, ha detto il presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta. “Da tempo, per Gela, sono state concesse le autorizzazioni ambientali, regionali e nazionali, necessarie per rafforzare la sicurezza degli impianti. L’Eni ha sempre assicurato che tali investimenti sarebbero stati realizzati al più presto possibile, mentre non si riesce ad avere un crono programma preciso“.
“Si tratta dell’ennesima dimostrazione che l’utilizzo del petrolio non è una pratica sicura così come vogliono farci credere l’ENI e le altre compagnie petrolifere che operano nel nostro Paese – ha detto Giorgia Monti, responsabile della campagna mare di Greenpeace Italia – La zona di Gela già fortemente provata da cinquant’anni di attività della raffineria, si trova ancora una volta a affrontare una seria minaccia ambientale. Ma non sembra che questo scoraggi i nuovi progetti della compagnia di espandere l’estrazione di idrocarburi al largo di queste coste. Cosa deve succedere prima che si fermi?“.
“L’uso del petrolio, dalle estrazioni off-shore al trasporto alla sua raffinazione, rappresenta un pericolo per l’ambiente, la salute umana e le economie locali, che non possiamo permetterci. È ora di fare delle scelte precise per la tutela del mare e delle comunità locali che da esso dipendono, e di puntare su fonti di energia pulite. È responsabilità delle Regioni tutelare il proprio territorio di fronte agli interessi senza scrupoli delle compagnie petrolifere” conclude Monti.
Francesca Mancuso
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