Il mare sta esaurendo i pesci, ma i governi aumentano i sussidi per la pesca intensiva nonostante le promesse

Nonostante gli oceani si stiano svuotando, i governi continuano a incentivare la pesca intensiva attraverso aiuti economici all'industria della pesca

La pesca intensiva sta provocando una drammatica riduzione delle riserve ittiche mondiali e degli ecosistemi marini, ma la politica sembra non preoccuparsene.

I governi hanno infatti garantito di voler approvare entro la fine di quest’anno un accordo internazionale per vietare incentivi statali che promuovono la pesca intensiva, ma nonostante i buoni propositi dichiarati, da una recente ricerca è però emerso un aumento dei sostegni finanziari concessi ad attività di pesca che stanno decimando i nostri mari.

Un’indagine condotta dai ricercatori della University of British Columbia ha considerato la situazione di 152 paesi scoprendo che le nazioni collocate lontano dagli oceani hanno elargito ben 22 miliardi di dollari alle imprese che operano danneggiando gli ecosistemi marini, pari al 63% dei sussidi totali riservati all’industria della pesca. Il 22% degli incentivi statali va a coprire i costi di carburante che permette ai pescherecci da traino industriali di percorrere grandi distanze.

Rispetto al 2009, gli incentivi per chi pratica pesca intensiva sono aumentati del 6%, incoraggiando pratiche poco ecosostenibili. La Cina, che gestisce la più grande flotta di pescherecci del mondo, ha aumentato le sovvenzioni del 105% negli ultimi dieci anni.

Settanta paesi non hanno voluto comunicare i dati relativi ai sussidi concessi, pertanto i risultati sono ottimistici, per quanto già drammatici.

I sussidi alla pesca intensiva continuano ad aumentare poiché una volta concesso un privilegio è difficile tornare indietro, ma occorre assolutamente invertire la tendenza.

I ricercatori che studiano l’ecosistema marino sottolineano la necessità di un accordo vincolante che vieti la concessione di sussidi statali alla pesca distruttiva, poiché i cambiamenti climatici stanno già sconvolgendo gli oceani e molti stock ittici si stanno esaurendo.

Un terzo dei pesci destinati al commercio viene pescato in modo insostenibile, decimando le specie: la popolazione del tonno rosso del Pacifico, ad esempio, è precipitata del 97% negli ultimi anni, a causa del sovrasfruttamento dei mari.

Negli ultimi decenni, le nazioni in cui le riserve ittiche sono crollate hanno iniziato a inviare i pescherecci da traino al largo e nelle acque territoriali di altri paesi, alla ricerca di pesce per soddisfare la domanda del mercato.

La flotta di pescherecci cinese è composta da oltre 3.000 navi che saccheggiano l’oceano dall’Africa all’Antartico fino al Pacifico, accaparrandosi quasi la metà di tutto il pesce pescato in un anno.
Il governo cinese concede le più alte quote di sussidi di qualsiasi altro paese: nel 2018 ha stanziato il 21% dei sussidi globali per la pesca, pari a circa 7 miliardi di dollari, raddoppiando i sostegni riservati al pagamento del carburante necessario per portare i pescherecci al largo.

Nonostante la situazione degli oceani sia già drammatica, lo scorso giugno l’Unione europea ha ripristinato le sovvenzioni per espandere la flotta da pesca: l’Unione Europea rilascia già l’11% dei sussidi globali e nel 2018 ha stanziato 2 miliardi di dollari per sostenere la pesca intensiva.

La situazione degli oceani è già messa a dura prova dai cambiamenti climatici e dall’aumento delle temperature. Se le emissioni di gas serra dovessero aumentare, la cattura massima di pesci potrebbe diminuire del 24% entro la fine del secolo.

Finanziamenti statali senza restrizioni per la pesca danneggiano ulteriormente gli oceani ed è quindi necessaria una volontà politica che spinga i negoziati verso un traguardo.

Dopo la pubblicazione di questa recente analisi, ci si augura che i governi pongano fine alla concessione di sussidi che sostengono metodi di pesca insostenibili e dannosi per gli oceani.

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Tatiana Maselli

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