A quasi tre anni dal disastro di Fukushima, alcuni degli 80.000 evacuati, vissuti fino a oggi lontani dalla vita che hanno sempre vissuto, dalle loro abitazioni e da tutte le loro cose, sono potuti tornare nelle loro città. Ma sono città fantasma
Nel marzo 2011 il mondo ha assistito con orrore al potente terremoto che ha scosso il Giappone, prima che un micidiale tsunami spazzasse via tutto, barche, automobili, case e persone. 19.000 furono i morti. Incalcolabili i danni, aggravati dal disastro nucleare della centrale di Fukushima.
Ora, a quasi tre anni dalla catastrofe naturale, il disastro provocato dall’uomo e dal suo atomo continua a mietere vittime, mentre alcuni degli 80.000 evacuati, vissuti fino a oggi lontani dalla vita che hanno sempre vissuto, dalle loro abitazioni e da tutte le loro cose, sono potuti tornare nelle loro città.
La Tepco, che è titolare dell’impianto e la più grande azienda elettrica del Giappone, avrebbe la situazione sotto controllo, tanto che è stato dato il via alle prime operazioni di bonifica. Si tratta di un lavoro così pericoloso per la salute che la mafia giapponese, allungando i suoi tentacoli sugli appalti, ha reclutato i senzatetto per svolgerlo.
Prima di oggi solo pochi eroi, che qualcuno potrebbe anche definire pazzi, si erano rifiutati di andarsene, magari per salvare gli animali rimasti soli. Oggi, invece, si può ufficialmente tornare, almeno in alcune zone. Ma qello che hanno trovato gli ex residenti sono città fantasma, in assoluta rovina. E sono anche tra i più fortunati. In molti dovranno attendere ancora tra i cinque e i 10 anni prima di sapere se le loro case sono sicure, altri potrebbero non tornare mai più.
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Roberta Ragni
Photo Credit Reuters / Damir Sagolj
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