Quando si studiano le microplastiche c’è il rischio che i risultati siano inquinati proprio dalla plastica. La conclusioni, evidenziate da uno studio guidato dall’Università di Pisa, accendono i riflettori su un paradosso che deve assolutamente essere fermato per non compromettere gli sforzi a favore dell’ambiente
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Sembra un paradosso, anzi, in realtà lo è: quando si studiano le microplastiche c’è il rischio che i risultati siano inquinati proprio dalla plastica. A questa conclusione è arrivato uno studio guidato dalla nostra Università di Pisa, che invita i ricercatori di tutto il mondo a fare attenzione per non compromettere gli sforzi a favore dell’ambiente.
La ricerca sulle microplastiche
Le microplastiche sono, purtroppo, ovunque. E ormai non si parla più di minaccia, ma di disastro per l’ambiente. Queste minuscole particelle di plastica, che misurano meno di 5 millimetri, si trovano nell’aria che respiriamo fino ai mari più remoti, si infiltrano nel suolo, nell’acqua potabile e persino nei tessuti biologici umani.
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La loro presenza diffusa è il risultato di decenni di produzione e consumo smisurato di plastica, con conseguenze devastanti per gli ecosistemi terrestri e marini e per la salute umana. Gli sforzi della ricerca, ora, sono concentrati da un lato sullo sviluppo di materiali innovabili diversi, per la prevenzione di ulteriori danni, dall’altro sul tracciamento di quanto ormai fatto, sebbene sembri ormai impossibile la loro capillare rimozione. Anche perché, purtroppo, è tutt’altro che finita la loro dispersione nell’ambiente.
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L’indagine nelle acque sotterranee
Una ricerca guidata dalla nostra Università di Pisa si è concentrata in particolare su un aspetto fino ad ora marginale, ma assolutamente non meno importante, quello delle microplastiche nelle acque sotterranee, con l’obbiettivo di effettuare stime sulla loro presenza e diffusione in questo contesto ambientale.
Lo studio delle microplastiche nelle acque sotterranee è un argomento relativamente nuovo – spiega Stefano Viaroli, primo autore del lavoro – Per evitare possibili contaminazioni, all’inizio della ricerca abbiamo definito un protocollo di campionamento e trattamento dei campioni assolutamente plastic free, come del resto prescritto dalla comunità scientifica
Il paradosso
Ma, nel corso degli studi, si sono trovati di fronte ad una situazione paradossale. Perché, anche se sembra assurdo, il campionamento delle acque sotterranee si basa su pozzi di monitoraggio e pozzi d’acqua preesistenti, spesso costruiti con rivestimenti o tubi in PVC convenienti in termini di qualità-prezzo.
I ricercatori hanno analizzato in particolare 67 punti di campionamento, 19 dei quali sono risultati pozzi di monitoraggio e pozzi d’acqua con involucri in PVC.
Ma, se l’obbiettivo è valutare la presenza e la diffusione delle microplastiche, questa pratica presenta non pochi aspetti problematici.
I pozzi, essendo un accesso per raggiungere direttamente le falde, possono essere un canale preferenziale di contaminazione, sia di microplastiche che di qualsiasi altro contaminante proveniente dalla superficie. Per questo motivo è importante che siano correttamente protetti con particolare cautela nel caso di campionamento, per ottenere un dato più significativo sul reale stato dell’intera falda acquifera e non solo del singolo punto
A complicare le cose – aggiungono i ricercatori – si aggiunge la generale assenza di specifiche di questi pozzi, spesso non sono dettagliate nemmeno negli studi pubblicati.
La letteratura attuale non indica rischi di inquinamento significativi dai rivestimenti in PVC, il che suggerisce che questi pozzi potrebbero ancora essere validi per gli studi sulle microplastiche. La nostra analisi preliminare della letteratura esistente indica che se il PVC supera il 6% della concentrazione totale di microplastiche, è probabile che i rivestimenti e i tubi in PVC siano una fonte di inquinamento. Al di sopra di questa soglia, si suggeriscono ulteriori indagini sui pozzi di monitoraggio e sui pozzi d’acqua con involucri e tubi in PVC
Questa situazione deve essere assolutamente cambiata, onde evitare di vanificare tutti gli sforzi contro le microplastiche disperse nell’ambiente.
Il lavoro è stato pubblicato su Science of the Total Environment.
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Fonti: Università di Pisa / Science of the Total Environment
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