Il Mar Mediterraneo è in codice rosso. L'inquinamento da plastica ha toccato livelli inquietanti (destinati a peggiorare), mettendo a rischio la vita di migliaia di specie. Tutto questo mentre le sue acque diventano bollenti: le temperature marine potrebbero sfiorare a breve i 30°C a largo della Sicilia e della Calabria
Con oltre 17.000 specie ospitate, rappresenta una delle are del Pianeta con la più alta percentuale di biodiversità, tra il 4 e il 12% della di quella marina mondiale. È l’habitat di animali iconici come le tartarughe Caretta caretta e delfini e fin dall’antichità è stato crocevia di popoli e culture. Il Mar Mediterraneo andrebbe protetto e valorizzato, invece lo stiamo devastando ogni giorno di più come se le sue risorse fossero infinite. E le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: invasione di rifuti di plastica, distruzione delle sue coste e preoccupanti livelli d’inquinamento.
La Giornata internazionale dedicata al Mediterraneo, che dal 2014 ricorre proprio l’8 luglio, ci induce ad un urgente esame di coscienza di ciò che stiamo facendo al Mare Nostrum e alle strategie da adottare per salvarlo.
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Un mare di plastica
Una delle piaghe più grandi che afflige il nostro splendido mare è senz’altro l’inquinamento provocato dalla plastica. Si stima che nel Mediterraneo sia concentrato l’1% delle acque di tutta la Terra, eppure sono presenti il 7% delle microplastiche del mondo. Secondo quanto riferito dall’UpM (Unione per il Mediterraneo) ogni hanno vengono rilasciate ben 570mila tonnellate di rifiuti di plastica ogni anno; praticamente una quantità che equivale al peso di 50 Torre Eiffel e che potrebbe quadruplicare entro il 2050 se l’andazzo resterà lo stesso.
I livelli di inquinamento stanno avendo un impatto deleterio su specie marine come le tartarughe (minacciate anche da reti e altri attrezzi pesca), che finiscono per ingerire i rifiuti e in alcuni casi di morire soffocati. Non possiamo inoltre considerare che le microplastiche entrano nella catena alimentare arrivando sulle nostre tavole attraverso i pesci che consumiamo.
Il Mediterraneo ha la febbre
C’è un altro elemento che sta mettendo in allarme gli scienziati e riguarda lo spaventoso aumento delle temperature del Mediterraneo. Le sue acque stanno diventando un brodo e lo scorso anno è stato toccato un nuovo drammatico record. La superficie del Mare Nostrum non era mai stata così elevata ad ottobre: i satelliti del programma europeo Copernicus hanno mostrato, infatti, picchi calore di +5°C rispetto alla media storica di riferimento.
Se fino agli anni ’80, il periodo in cui le acque del Mediterraneo superavano in media i 25 °C andava da metà luglio fino ai primi di settembre, oggi si è esteso parecchio e va da fine giugno protraendosi fino ad ottobre.
E quest’anno, con il ritorno di El Niño e le asfissianti ondate di calore, la situazione potrebbe degenerare ulteriormente. In base alle previsioni del centro ECMWF (European Centre for Medium-Range Weather Forecasts), assisteremo ad un aumento repentino delle temperature nei prossimi giorni. Già intorno a martedì 11 luglio il Mar Tirreno, se le previsioni verranno confermate, nel Mar Tirreno (a largo della costa siciliana e calabrese) si toccheranno addirittura i 30°C. Praticamente i Caraibi.
Ciò ovviamente ci esporrà maggiormente al rischio di fenomeni metereologici estremi come gli uragani mediterranei (Medicane), in particolare nella stagione autunnale.
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