Le coste dello Sri Lanka sono invase da nurdles, eredità del naufragio dell’X-Press Pearl

A più di sette mesi dal disastro, la situazione sulle spiagge srilankesi è emergenziale e a poco serve la buona volontà degli abitanti locali

A più di sette mesi dal disastro marino, la situazione sulle spiagge srilankesi è ancora emergenziale e a poco serve la buona volontà degli abitanti locali

Alcuni mesi fa vi avevamo raccontato dell’affondamento del mercantile X-Press Pearl, al largo della costa occidentale dello Sri Lanka, seguito ad un lungo incendio in cui si sono liberati nell’atmosfera gas tossici generati dalla combustione del carburante presente sulla nave. Ebbene, malgrado l’incendio sia durato più di una settimana prima che le autorità locali potessero riuscire a domarlo, non è stata questa la conseguenza più grave del disastro ambientale. Parte del carico del mercantile era costituita infatti da minuscole “lenticchie” di plastica (dette nurdles), materia prima utilizzata per la realizzazione di oggetti in plastica dura: questi piccoli pezzetti di plastica sono finiti in mare e, trascinati dalle onde, sono finiti ovunque, devastando il fragile ecosistema marino dello Sri Lanka.

Secondo un report stilato dalle Nazioni Unite, l’incidente del mercantile rappresenta il più grande sversamento di plastica in mare, con circa 1.680 tonnellate di nurdles rilasciate nell’oceano – la maggior parte dei quali è finita bruciata insieme alle sostanze chimiche fuoriuscite dalla nave, andando ad inquinare l’aria e l’ecosistema marino della regione.

Qualcosa si sta muovendo per provare a salvare le coste srilankesi dal disastro ambientale. La Marina locale, in collaborazione con l’Autorità per la protezione dell’ambiente marino (MEPA), ha “assoldato” circa 50.000 residenti locali (soprattutto donne) per raccogliere nurdles e altri detriti che le onde del mare depositano sulle spiagge. Finora sono stati raccolti circa 60.000 sacchi, ciascuno contenente 50 kg di rifiuti plastici. Per separare i nurdles dalla sabbia delle spiagge vengono utilizzati speciali setacci rotanti. Nella sola spiaggia di Sarakkuwa, la gente del posto raccoglie una media di 80-100 kg di nurdles e detriti ogni giorno, che scambiano con 3.000 rupie – poco più di 13 euro.

Tuttavia, questa massiccia azione di bonifica manuale del territorio è solo una piccola goccia insufficiente a salvare l’ecosistema ormai irrimediabilmente compromesso, secondo gli ambientalisti del Center for Environmental Justice in Sri Lanka.

Hanno completato la pulizia superficiale dei nurdles, ma ora i nurdles sono sepolti sotto la sabbia, a circa due metri di profondità in alcuni punti – spiega l’ambientalista Hemantha Withanage. – La maggior parte dei nurdles bruciati sono minuscole particelle che non possiamo rimuovere con setacci o trommel. Un’azienda locale ha sviluppato un nuovo macchinario in grado di rimuovere pellet più piccoli, ma il MEPA l’ha rifiutata a causa del suo costo.

Le conseguenze del disastro ambientale sono anche e soprattutto economiche. L’economia del Paese si sostiene don il turismo e la pesca, due attività gravemente minacciate dalla presenza di un ambiente inquinato e di un ecosistema distrutto dall’inquinamento. I pesci grandi non nuotano più nelle acque di fronte alle coste, i pescatori non trovano più nulla da vendere al mercato e non hanno come sostenere le loro famiglie; per contro, il governo nazionale non ha disposto ristori o sostegni economici per questa fetta di popolazione.

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Fonte: The Guardian

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