Smart city: quali sono le città più intelligenti del mondo?

La metodologia usata per stilare la classifica si è fondata sulla presa in carico di una decina di report sulle smart cities pubblicati recentemente, sull’incrocio dei criteri di scelta e sulla ridefinizione di alcuni. I risultati sono apparsi diversi anche rispetto a quanto redatto dallo stesso Cohen appena sei mesi fa. Il motivo è semplice: le città stanno intravedendo nel cosiddetto “clean-tech” l’ultima ancora di salvezza prima dell’implosione.

Intelligenti o, come amano dire gli inglesi, smart. Quelle che ci accoglieranno ogni mattina uscendo di casa non saranno più le vecchie città polverose e trafficate a cui ci siamo abituati. Saranno luoghi in cui sarà più facile muoversi in bici, evitare le code agli uffici postali, accedere alle informazioni utili e far crescere i figli. Sembra uno scenario troppo distante dalla nostra realtà per essere realizzabile. Eppure ci sono numerose città che stanno facendo strada in questa direzione.

A stilare la classifica è stato Boyd Cohen, climate strategist (la definizione è presa dal suo blog). Uno che nella vita aiuta le comunità, le città e le aziende a trovare una via verso un futuro a minore consumo di petrolio. In passato ha collaborato con il US Climate Bureau per l’individuazione dei parametri utili a stilare la classifica delle città americane più intelligenti. È anche diventato famoso per un libro dal titolo Climate Capitalism in cui spiega come poter ricavare profitto dalla transizione verso un mondo a minor impatto ambientale.

Per Cohen, le smart city sono città che usano l‘information & communication technology (ICT) insieme con internet, per essere più efficienti nell’uso delle risorse, che risparmiano quindi denaro e sprechi, migliorano i servizi e la qualità della vita dei cittadini e riducono l’inquinamento.

La metodologia usata per stilare la classifica si è fondata sulla presa in carico di una decina di report sulle smart cities pubblicati recentemente, sull’incrocio dei criteri di scelta e sulla ridefinizione di alcuni. I risultati sono apparsi diversi anche rispetto a quanto redatto dallo stesso Cohen appena sei mesi fa. Il motivo è semplice: le città stanno intravedendo nel cosiddetto “clean-tech” l’ultima ancora di salvezza prima dell’implosione. Qualche mese fa il sindaco di Copenhagen, città da sempre collocata ai primi posti in queste classifiche, ha dichiarato che la sua sfida è creare una città capace di crescere in termini economici e in maniera sostenibile. Proprio la leadership di una piccola capitale come Copenhagen in materia di green technology, lascia pensare che questa possa essere una giusta direzione di marcia. A sollecitare il cambiamento poi ci sono le aziende di ICT. Siemens, Cisco e IBM sono i big player di questo nuovo settore di sviluppo: mettono a disposizione competenze che le amministrazioni non possiedono in cambio di tech center che diventano il grande cervello da cui tutta l’area urbana viene gestita. Anche le società per la gestione delle risorse energetiche rappresentano un altro settore fortemente interessato a questa transizione. Così come le aziende automobilistiche che vogliono investire nell’elettrico.

Si tratta della panacea in cui tutte le crisi troveranno finalmente quiete? Certamente no. Esiste tuttavia, a differenza di altri settori che crescono in maniera altrettanto esponenziale, una domanda reale fatta di milioni di cittadini in cerca di modi diversi di sopravvivere nelle giungle metropolitane.

Al momento, chi sono dunque i fortunati?

Vienna

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È ai primi posti in numerose categorie: innovazione, politiche ambientali, qualità della vita e digital governance. Per raggiungere questi risultati in poco tempo la città si è data una time-line molto stringente composta da una serie di programmi di sviluppo come l’Energy Vision 2050, il Roadmap 2020 e l’Action Plan 2012-2015. Si tratta di progetti strategici di medio e lungo termine che definiscono fin nel dettaglio i passi da fare. Per attuarne lo sviluppo la città chiede la collaborazione di tutti i soggetti portatori di interesse: dalle imprese edili a quelle del trasporto.

Toronto

Dopo essere entrata a far parte del gruppo delle 40 metropoli, monitorate dalla Clinton Foundation, che stanno compiendo un percorso di transizione, è entrata nel mirino di IBM che ha aperto lì il suo Business Analytics Solution Center. La città sta lavorando in particolare sul miglioramento del traffico e sull’uso di gas naturale derivato dalla trasformazione dei rifiuti urbani per far muovere i mezzi municipali.

Parigi

Grazie all’ottimo sistema di bike sharing inaugurato in tempi non sospetti, Parigi si aggiudica un comodo terzo posto. Nel corso di questi anni, oltre alle innumerevoli piste ciclabili, la capitale parigina ha anche migliorato il suo livello di innovazione interna e ora si prepara a introdurre un massiccio sistema di car sharing dedicato ai veicoli elettrici.

New York

La grande mela è innovativa, tecnologicamente avanzata, green ma in quanto a qualità della vita ha ancora molta strada da fare. Anche qui IBM ha costruito una sua sede operativa con la quale è stata investita dell’obiettivo di aiutare il comune a risparmiare circa 100 mln di dollari grazie a progetti di monitoraggio delle case e controllo fiscale.

Londra

Che la capitale londinese avesse da tempo iniziato un suo percorso verso la sostenibilità era testimoniato dalla sola congestion tax, l’Area C all’inglese, che tanta polemica aveva sollevato qualche anno fa. Successivamente, il comune si è dotato di un suo Research Center che ha il compito di progettare piani per la governance dei trasporti, dell’amministrazione e del commercio. La pioggia di denaro arrivata grazie alle Olimpiadi ha sicuramente accelerato un processo già in fieri. Recentemente è stato anche comunicato che O2, la nota compagnia telefonica, lancerà nel centro di Londra la più grande area wi-fi d’Europa.

Tokyo

Invece di modificare l’esistente Tokyo ha deciso di attivare una grande sperimentazione nella periferia della città, creando una smart town in partnership con Panasonic e Tokyo Gas per la generazione di un modello urbano ideale in cui le case saranno alimentate a pannelli solari, dotate di batterie elettriche e servizi per l’efficienza energetica.

Berlino

Ottima in ogni prestazione, la capitale tedesca sarà una delle prime a sperimentare un sistema tecnologico vehicle-to-grid che consentirà ai veicoli elettrici di ricaricarsi in città. Il test vede la collaborazione di BMW e Vattenfall.

Copenhagen

Ha ricoperto il ruolo di prima della classe per molto tempo e sempre a ragione. La città si è messa in testa di arrivare alla neutralità energetica entro il 2015 mentre già il 40% dei cittadini si muove in bicicletta. A sollecitare il raggiungimento di questi obiettivi è proprio l’amministrazione che vede nel clean tech la chiave di crescita della città.

Hong Kong

Se l’ex colonia inglese è all’avanguardia in materia di digitalizzazione delle infrastrutture, non si può dire la stessa cosa per la qualità della vita offerta ai suoi cittadini stressati dal traffico e dalla cattiva aria che si respira. In compenso però possono affidarsi a RFID distribuiti ovunque per avere informazioni utili in tempo reale e smart card per l’abbonamento ai mezzi pubblici, l’accesso alle biblioteche, ai palazzi comunali e ai parcheggi.

Barcellona

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La seconda città spagnola ce la sta mettendo tutta. Fu pioniera ormai un decennio fa nell’emettere un’ordinanza che andava a sollecitare l’introduzione del solare termico e oggi si prepara a lanciare un’infrastruttura per il caricamento dei veicoli elettrici.

Cohen cita anche altre città che meriterebbero di essere tra i primi posti di questa classifica: Amsterdam Melbourne, Seattle, Sao Paulo, Vancouver e Stoccolma. Nessuna città italiana gli sfiora la mente, tantomeno la penna.

In effetti, l’Italia è decisamente indietro in questo percorso di transizione. Sollecitate dal programma Europeo dedicato alle Smart Cities soltanto Torino, Genova e Bari stanno cominciando a muovere i primi passi verso forme di progettazione che vadano in questa direzione. Milano, città dell’ICT italiana per eccellenza, rimane ancora ai margini, anche se le prospettive aperte dall’Area C e dall’Expo sollecitano soluzioni di questo genere. Per Roma, un primo passo è stato la redazione di un piano per la mobilità, anche se lontana è la prospettiva di un piano strategico integrato.

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