Guardandola dall’alto la città boliviana di El Alto sembra un lungo tappeto colorato formato da migliaia di case basse che si perdono nell’orizzonte.
Guardandola dall’alto la città boliviana di El Alto sembra un lungo tappeto colorato formato da migliaia di case basse che si perdono nell’orizzonte.
Originariamente El Alto che si trova nella periferia di La Paz, la capitale amministrativa della Bolivia era uno slum indigeno, ma poi con l’urbanizzazione si è sentita la necessità di trasformare il quartiere fatiscente in qualcosa di più abitabile e accogliente.
Il cambiamento è partito proprio dagli edifici dalle forme e dai colori inusuali, cromie sgargianti con il predominio del rosso e del verde. Tutto merito del quarantatreenne architetto Freddy Mamani che è fermamente convinto che tra trent’anni La Paz diventerà un sobborgo di El Alto.
L’originalità di certo non manca: forme irregolari, finestre singolari che traggono la loro identità dalla cultura indigena Aymara.
Ci sono, infatti, cerchi, la croce andina, disegni che ricordano farfalle, rane, serpenti.
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Secondo Mamani, grazie ai suoi edifici, la cultura locale Aymara sta recuperando terreno in Bolivia.
Quelle che erano case fatiscenti si sono trasformati in edifici estrosi, una vera e propria rivoluzione architettonica che mette colore ovunque può. Il contorno però rimane uguale: strade non asfaltate e facciate ancora non completate.
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Oggi El Alto è la seconda città più popolosa della Bolivia dopo Santa Cruz e il suo cambiamento è iniziato nel 2005 con l’elezione del presidente Evo Morales che ha reinserito nella società il popolo Aymara, a lungo emarginato dalla società boliviana.
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Dominella Trunfio