Il Mose non proteggerà Venezia dalla crisi climatica. Urge progettare nuove protezioni per far sopravvivere la città più bella del mondo

Uno studio ha raccolto nuovi dati e proiezioni sulla base dello scioglimento delle calotte e dell’impatto antropico sulla laguna di Venezia.

Dentro a una laguna, collegata al mare Adriatico da tre insenature, e con una così bassa elevazione rispetto al livello medio del mare tanto da essere stata soggetta per secoli a inondazioni e mareggiate. Ma adesso la ben nota “acqua alta” a Venezia è diventata sempre più usuale: durante l’ultimo secolo la frequenza delle inondazioni è aumentata costantemente a causa del cedimento del suolo locale e del relativo innalzamento del livello del mare determinato principalmente dalla crisi climatica.

Uno scenario per nulla sereno da cui ha preso le mosse un nuovo studio condotto da un team internazionale e pubblicato su Natural Hazards and Earth System Sciences, che ha raccolto nuovi dati e proiezioni sulla base dello scioglimento delle calotte polari e dell’impatto antropico, arrivando alla conclusione che sarà fondamentale una nuova pianificazione delle future infrastrutture di difesa per Venezia e di altre città costiere.

Gli ultimi 3 anni hanno visto alcuni degli eventi di acqua alta più devastanti che Venezia abbia mai vissuto. Nell’ottobre del 2018, una tempesta portò il livello del mare a 156 cm, mentre a novembre e dicembre 2019, una serie di tempeste creò cinque alte maree con livelli dell’acqua superiori a 140 cm. Questi eventi sono definiti eccezionali perché negli ultimi 150 anni sono stati osservati solo 25 episodi di questo tipo, inondando quasi il 60 % dei percorsi pedonali della città e ricoprendo piazza S. Marco con 60 cm d’acqua. Una di queste alte maree è stato il secondo livello dell’acqua più alto mai misurato a Venezia a 189 cm, superato solo dalla terribile alluvione del 1966 a 194 cm.

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Questi eventi alluvionali rappresentano una minaccia non solo per il patrimonio artistico, culturale e ambientale, ma anche per il patrimonio economico. Come si affrontano? Per ora Venezia sta arginando il problema dell’acqua alta costruendo barriere mobili (il cosiddetto MOSE, MOdulo Sperimentale Elettromeccanico, Modulo Sperimentale Elettromeccanico) ad ogni ingresso della laguna. Queste porte si trovano sul fondo del mare e in esse viene introdotta aria compressa per svuotarle dall’acqua, e si alzano fino a emergere per impedire alla marea di entrare nella laguna. La costruzione è in corso dal 2004 ed è stata criticata da molti a causa dei costi elevati e dei lunghi tempi di costruzione. Tuttavia, per ora rimane l’unico intervento che potrà difendere efficacemente Venezia dalle inondazioni dovute a mareggiate nel prossimo e medio futuro.

Ma basterà?

Lo studio

Sul futuro delle alluvioni a Venezia hanno lavorato i ricercatori dell’Università Ca Foscari, del Salento, di ISMAR – Istituto di Scienze del Mare con il contributo di diversi colleghi internazionali. Nella loro recente pubblicazione fanno emergere interessanti proiezioni e previsioni relative ai prossimi decenni in Laguna. Tutti attingono da dati storici e contemporanei per esplorare perché il rischio alluvione nella città di Venezia Patrimonio dell’UNESCO sia aumentato nel recente passato e si prevede che aumenterà ulteriormente, se non addirittura accelerare, nel corso del 21° secolo.

A seconda dei vari scenari possibili, so due i numeri che vengono fuori sull’innalzamento del livello del mare: un +17 cm come livello minimo e un +120 come massimo, tenendo conto sia dei contributi meteo climatici sia del movimento verticale del suolo, fattore rilevante a Venezia.

Ciò che emerge è che c’è una grande incertezza che deriva dallo scenario considerato e dalla mancanza di comprensione di processi fondamentali. Per esempio un fattore critico è il comportamento delle calotte polari in risposta al surriscaldamento. Il tasso di scioglimento delle calotte di Antartide e Groenlandia non ha certezze e questo incide sul futuro. Ma osservando lo storico abbiamo fatto uno scenario realistico, seppur poco probabile, anche di un incremento estremo di oltre 180 cm a Venezia, spiega Davide Zanchettin, professore di Oceanografia e Fisica dell’Atmosfera alla Ca’ Foscari.

E, così stando le cose, un innalzamento di quasi due metri d’acqua apre le porte a vere catastrofi e, anche se si parla di “proiezioni a lungo termine, entro fine secolo” gli scienziati per ora sono quasi certi che il Mose non sarà più adeguato e dovremo trovare alternative. 

Le cifre indicate su un possibile innalzamento nei prossimi decenni destano in ogni caso preoccupazione anche se ci si dovesse attestare su livelli minimi perché già basterebbero per mandare San Marco sott’acqua e un piccolo incremento può essere davvero impattante.

Va chiarito però che mentre noi forniamo proiezioni, basate sulla risposta attesa,  a livello di medio termine, ovvero ciò che accadrà nei prossimi 15-20 anni, sono le previsioni a contare: un aspetto che oggi manca ed è difficile da tracciare. Senza certezza sul breve termine potrebbe infatti anche ripetersi un periodo, come in passato negli anni Sessanta, in cui il livello del mare a Venezia non aumenta in maniera significativa, per poi evolversi successivamente.

Uno scenario non certamente dove di base resta la estrema vulnerabilità di una città dove “un qualsiasi evento meteorologico può essere pericoloso e causare un’alluvione estrema“, come dice un altro autore della ricerca, Piero Lionello.

Cosa fare allora? Resta soltanto una corretta pianificazione per cercare di affrontare l’innalzamento. Mentre in futuro, nel 2075, in uno scenario “plausibile ma improbabile“, si potrebbe ipotizzare anche una chiusura della Laguna per tutto l’anno, concludono gli esperti.

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Fonte: Natural Hazards and Earth System Sciences

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