Non c'è pace per i Sioux. Continuerà la costruzione del Dakota Access Pipeline, l'oleodotto che servirà a trasportare il petrolio dal Nord Dakota all'Illinois. Nonostante le proteste dei nativi, l'oro nero continuerà a farla franca, in barba all'ambiente, attraversando le loro terre ancestrali.
Non c’è pace per i Sioux. Continuerà la costruzione del Dakota Access Pipeline, l’oleodotto che servirà a trasportare il petrolio dal Nord Dakota all’Illinois. Nonostante le proteste dei nativi, l’oro nero continuerà a farla franca, in barba all’ambiente, attraversando le loro terre ancestrali.
Il progetto da 3,8 miliardi di dollari in parte è già realizzato, salvo la porzione che potrebbe passare sotto il Lago Oahe sul fiume Missouri, che è la principale fonte di acqua potabile per la vicina riserva di Standing Rock.
Una volta costruito, Dakota Pipeline servirà a trasportare qualcosa come 450.000 barili di greggio al giorno dai campi di Bakken del Nord Dakota all’Illinois.
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Per mesi, i Sioux di Standing Rock e diversi attivisti hanno protestato contro la costruzione dell’oleodotto, sostenendo (tra le altre cose) che la tribù non era stata adeguatamente consultata e che una perdita potrebbe mettere in pericolo l’approvvigionamento idrico.
Ma Trump ha le idee chiare: bisogna accelerare la produzione di energia interna e la costruzione di infrastrutture per il trasporto di petrolio e gas.
Da qui parte il via libera al completamento della Dakota Access Pipeline. Un duro colpo per le tribù indigene, che già sotto l’amministrazione Obama avevano strenuamente lottato per le loro terre.
Si tratta di fatto di un passo indietro rispetto alla decisione di dicembre di negare un permesso chiave per completare la parte finale dell’oleodotto, almeno in attesa di effettuare uno studio più completo sull’impatto ambientale della Dakota Pipeline. Era stata una grande vittoria per la tribù Sioux di Standing Rock, che avrebbe fatto slittare di anni la realizzazione del progetto.
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Ma Trump, che ha investito nella compagnia Energy Transfer Partners e ricevuto donazioni dal CEO della società, ha ordinato di annullare la lunga analisi ambientale e ha concesso subito i permessi, facendo sì che i lavori possano ripartire immediatamente insieme alla servitù finale necessaria per completare l’ultimo tratto.
La tribù è già scesa in campo sostenendo che si tratta di una decisione illegale e che si batterà in tribunale per fermare la costruzione.
Anche i veterani si sono schierati contro la costruzione del gasdotto, sfidando l’amministrazione Usa:
“Ci siamo impegnati col popolo di Standing Rock, ci siamo impegnati per la non-violenza, e faremo tutto quanto in nostro potere per garantire che l’ambiente e la vita umana siano rispettati”, ha detto il portavoce Anthony Diggs. Questo gasdotto non verrà completato. Non sotto i nostri occhi”.
Per il 10 marzo prossimo è prevista una marcia di protesta a Washington cui prenderanno parte i Sioux di Standing Rocke gli attivisti di tutti gli Stati Uniti.
“Aspettatevi resistenza di massa ben oltre quello che Trump ha visto finora” ha detto Tom Goldtooth, direttore esecutivo della Indigenous Environmental Network.
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Francesca Mancuso