Tutti i numeri del grave danno ambientale inferto dalla produzione di sigarette.
Di bionde se ne producono 6mila miliardi all’anno e da loro deriva lo 0,2% delle emissioni
Le sigarette? Un grave danno ambientale. Non solo fanno male alla salute di chi le fuma (e di chi ci vive accanto), ma anche al pianeta. Il primo pensiero va inesorabilmente alle migliaia di mozziconi che ci ritroviamo in terra, ma non solo. Le sigarette hanno dietro di loro tutto un processo di produzione che ecosostenibile non lo è affatto, a cominciare dalla deforestazione per finire dal consumo abnorme di acqua.
È quanto emerge da un rapporto dell’Imperial College di Londra presentato alla Conferenza sulla convenzione quadro dell’Oms per il controllo del tabacco (FCTC), secondo cui le sigarette sono responsabili dello 0,2% delle emissioni di CO2 globali.
Non bastavano, dunque, gli accresciuti rischi di tumore al polmone e di broncopneumopatia cronica ostruttiva: le sigarette hanno un’impronta ambientale degna del peggior inquinante al mondo.
Il rapporto
L’impatto devastante che l’industria del tabacco ha sulla salute umana è ben noto: l’uso di tabacco uccide circa 7 milioni di persone ogni anno. Tuttavia, il nuovo rapporto delinea per la prima volta l’impatto sostanziale del fumo di sigaretta sull’ambiente e sullo sviluppo sostenibile. Commissionata dal Segretariato della Convenzione quadro dell’OMS per il controllo del tabacco dall’Imperial College londinese, la relazione è stata lanciata all’ottava sessione della Conferenza delle parti (COP 8) all’FCTC dell’Organizzazione mondiale della Sanità.
“Il controllo del tabacco è una questione di sviluppo. Il danno all’ambiente si verifica durante l’intero ciclo di vita dei prodotti del tabacco a causa della deforestazione, dell’inquinamento delle acque dovuto all’uso di pesticidi e dei rifiuti di sigarette”, afferma Vera Luiza da Costa e Silva, capo del segretariato.
Una valutazione globale della produzione di tabacco che rivela un enorme squilibrio: quasi il 90% di tutta la coltivazione del tabacco è concentrato nei paesi in via di sviluppo. Tra i primi dieci paesi produttori di tabacco, nove sono in via di sviluppo e quattro sono paesi a deficit alimentare basso (LIFDC), tra cui India, Zimbabwe, Pakistan e Malawi. Tuttavia, la maggior parte dei profitti del settore finiscono nei paesi sviluppati.
È per questo che, come dichiara il dott. Nicholas Hopkinson, coautore del rapporto “i Transnazionali del tabacco con sede in paesi ad alto reddito stanno letteralmente e metaforicamente bruciando le risorse e il futuro delle persone più vulnerabili del nostro pianeta”.
La coltivazione globale del tabacco richiede un uso sostanziale del territorio, consumo di acqua, pesticidi e manodopera, tutte risorse limitate che potrebbero essere utilizzate in modo migliore. Gli impatti nocivi includono la deforestazione che porta al cambiamento climatico, esaurimento di acqua e suolo, tossicità umana, eutrofizzazione degli ecosistemi e acidificazione.
A numeri, per la produzione dei 6mila miliardi di sigarette consumate ogni anno, sono necessari 32,4 milioni di tonnellate di tabacco, per le quali sono utilizzati 22 miliardi di tonnellate di acqua. Qui si traduce nell’emissione di 84 milioni di tonnellate di CO2 l’anno, che sono pari allo 0,2% delle emissioni di CO2 globali.
Di queste, circa 21 tonnellate di anidride carbonica derivano dalla coltivazione del tabacco, 45 dal suo trattamento e 16 dalla manifattura delle sigarette. In più, a questi dati vanno si aggiunti l’immissione nell’ambiente di sostanze tossiche, come metalli pesanti e pesticidi.
A livello individuale, si calcola l’impatto ambientale della vita di un fumatore: una persona che fuma un pacchetto di 20 sigarette al giorno per 50 anni è responsabile di 1,4 milioni di litri di esaurimento idrico.
Infine, il rapporto evidenzia anche l’eccessivo impatto ambientale del tabacco rispetto ad altre colture. Queste in genere richiedono meno input e la loro resa è in molti casi notevolmente superiore a quella del tabacco. Ad esempio, nello Zimbabwe un ettaro di terra potrebbe produrre 19 volte più patate rispetto alle 1-1,2 tonnellate di tabacco attualmente coltivate. Le prove suggeriscono anche che la coltivazione di colture alternative è migliore per gli agricoltori e le loro famiglie. Il lavoro minorile rimane uno dei problemi principali nella produzione di tabacco, con ripercussioni sulla salute e sui diritti dei bambini, compreso il loro accesso all’istruzione.
Cosa fare secondo l’OMS
Aumentare i prezzi. Anche se già lievitati nei paesi sviluppati, al fine di riflettere i loro costi sui sistemi sanitari nazionali e fornire un disincentivo finanziario per i fumatori per farli smettere, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, il prezzo di un pacchetto di sigarette è ancora troppo economico considerando (anche) i costi ambientali.
Sebbene la percentuale di persone che fumano sia diminuita in molte parti del mondo, a causa del massiccio aumento della popolazione, ora ci sono più fumatori che mai, in numeri assoluti. Complessivamente, 933 milioni di persone hanno fumato ogni giorno nel 2015, l’80% dei quali uomini.
Per soddisfare questa domanda, vengono prodotti quei sei miliardi di sigarette annuali cui prima abbiamo accennato: in questo modo, circa il 5% della deforestazione in alcune parti dell’Asia e dell’Africa viene eseguita per lasciare spazio alle fattorie del tabacco.
L’industria sta quindi sfruttando il fatto che molti paesi in via di sviluppo e a basso reddito hanno normative più deboli, che consentono di spostare il peso ambientale e sociale all’estero mentre raccolgono profitti nei loro paesi d’origine. Insomma, se fumiamo sigarette comprate in un paese ricco, probabilmente fumeremo a spese della salute nazionale e delle risorse naturali di altri paesi. Ancora altri motivi per smettere di fumare?
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