Dalla Siberia continuano ad arrivare pessime notizie. Greenpeace Russia avverte che gli incendi non si arrestano ma al contrario si stanno ulteriormente diffondendo, nonostante l’intervento dell’aeronautica russa. Le conseguenze sono drammatiche...
Dalla Siberia continuano ad arrivare pessime notizie. Greenpeace Russia avverte che gli incendi non si arrestano ma al contrario si stanno ulteriormente diffondendo, nonostante l’intervento dell’aeronautica russa. Le conseguenze sono drammatiche…
Secondo gli ultimi aggiornamenti pubblicati martedì, gli incendi hanno già coinvolto 4,5milioni di ettari, rispetto ai 4,3 milioni di lunedì. Un’area, per capirci, che corrisponde a quella di Lombardia e Piemonte messi insieme.
Ogni anno nella taiga si verificano incendi ma quest’anno la situazione è davvero drammatica e senza precedenti. In più è probabile che, a causa delle condizioni meteo, gli incendi continueranno a fare danni anche nelle prossime due settimane.
L’area degli incendi boschivi in Siberia continua dunque a crescere, nonostante le dichiarazioni positive delle autorità come quella del governatore del territorio di Krasnoyarsk, Alexander Uss, che sostiene che nella sua regione ci sia stato un punto di svolta radicale nella lotta contro gli incendi.
Domenica scorsa, il ministero della Difesa russo ha dichiarato che la sua forza aerea è riuscita ad estinguere, dopo 4 giorni di lavoro, incendi in 753.000 ettari di boschi in Siberia.
Gli ambientalisti locali considerano invece le fiamme, che continuano ad infuriare in ogni dove, una vera e propria catastrofe ecologica. Le foreste bruciano e gli animali muoiono e, come conseguenza della distruzione di migliaia di alberi, c’è anche quella della riduzione del livello delle acque sotterranee che potrebbe portare ad una carenza di acqua dolce.
Raggiunto da Euronews, l’esperto di incendi di Greenpeace Russia Anton Beneslavsky ha descritto una situazione ben diversa da quella riportata delle autorità russe:
“Le dimensioni sono ora difficilmente gestibili. Il fuoco è già troppo esteso”
Anche la Nasa ha diffuso immagini che parlano molto chiaro, mostrando come il fuoco e il fumo si siano diffusi in diverse aree.
Le conseguenze degli incendi
Beneslavsky ha anche aggiunto che la situazione potrebbe diventare potenzialmente pericolosa per le popolazioni locali, poiché gli incendi potrebbero continuare a svilupparsi in modo imprevedibile e sempre più vicini alle aree abitate. C’è poi il problema che, anche da molto lontano, l’esposizione al fumo rappresenta un pericolo per la salute delle persone.
L’agenzia forestale federale russa la settimana scorsa ha dichiarato, al contrario, che gli incendi non rappresentano “una minaccia per gli insediamenti umani e le strutture economiche.”
Questo genere di risposte da parte delle autorità russe sembra abbia contribuito a scatenare un violento contraccolpo da parte delle popolazioni locali, che riferiscono di lottare per vivere in mezzo al fumo denso che si è diffuso e che ha coperto le principali città e territori circostanti.
Sui social tante persone hanno pubblicato contenuti che dimostrano la scarsa visibilità e esprimono preoccupazioni per la difficoltà di respirare visto il fumo.
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Più di 1 milione di persone hanno già firmato una petizione per chiedere lo stato di emergenza in tutta la Siberia e fare di più per combattere le fiamme. Al momento, infatti, lo stato di emergenza è stato dichiarato solo in cinque regioni.
Tra l’altro fa rabbia pensare che, più del 90% degli incendi, riguarda le cosiddette “zone di controllo”, aree in cui la legge non prevede che le fiamme debbano essere spente in maniera prioritaria! Probabilmente invece, se la situazione fosse stata arginata subito, questo avrebbe impedito il propagarsi così massiccio delle fiamme ed evitato pesanti emissioni di CO2 in atmosfera.
La situazione è drammatica non solo per la Siberia ma per tutto il pianeta che risente delle ripercussioni di ciò che sta accadendo nell’Artico.
Le foreste già bruciate fin ora hanno permesso di emettere in atmosfera oltre 166 milioni di tonnellate di anidride carbonica (circa quanto viene emesso in un anno da 36 milioni di auto). Particelle nere di “black carbon” rischiano poi di finire nell’Artico depositandosi sul ghiaccio e riducendone il potere riflettente, facilitando così l’assorbimento di calore e di fatto peggiorando il già pesante problema del riscaldamento globale. A rischio c’è la salute dell’intero Pianeta.
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Francesca Biagioli