Stop di Shell alle trivellazioni nell’Artico. E’ di poche ore fa la notizia della decisione intrapresa da Shell di abbandonare i propri piani di estrazione del petrolio a largo delle coste dell’Artico e dell’Alaska per il 2013. Si tratta di una decisione importante, che potrebbe essere la conseguenza di una serie di errori commessi in precedenza da parte della compagnia petrolifera, che hanno contribuito ad oscurarne il nome nell’olimpo dei cercatori d’oro nero.
Stop di Shell alle trivellazioni nell’Artico. È di poche ore fa la notizia della decisione intrapresa da Shell di abbandonare i propri piani di estrazione del petrolio a largo delle coste dell’Artico e dell’Alaska per il 2013. Si tratta di una decisione importante, che potrebbe essere la conseguenza di una serie di errori commessi in precedenza da parte della compagnia petrolifera, che hanno contribuito ad oscurarne il nome nell’olimpo dei cercatori d’oro nero.
Greenpeace, che a lungo si è impegnata contro le trivellazioni nell’Artico per l’estrazione di petrolio, ha accolto la decisione di Shell come una vittoria importante, sottolineando come la compagnia, in base a ciò, abbia sicuramente dovuto affrontare delle perdite dal punto di vista degli investimenti finanziari.
A ciò si aggiunge una serie di pericolosi incidenti che hanno coinvolto Shell negli ultimi tempi e che avrebbero contribuito a costringere la compagnia ad ammettere come non sia possibile operare nell’Artico in sicurezza. Shell ha dunque preferito fare marcia indietro – un passo che dai difensori dell’ambiente non può essere che interpretato come una grande vittoria per il Pianeta e per l’Artico.
Greenpeace non si accontenta dell’abbandono del Polo Nord da parte di Shell ed esprime il desiderio di creare un vero e proprio santuario globale del Polo Nord, all’interno del quale le trivellazioni dovranno essere per sempre vietate. È inoltre importante ricordare, come sottolineato da parte dell’associazione ambientalista, che non soltanto Artico e Alaska sono considerati oggetto di trivellazione.
Il problema si estende infatti anche al nostro Mar Mediterraneo. Shell ha infatti già reso noti i propri progetti di trivellazione nel Mar Ionio e nel Canale di Sicilia. Sono in via di autorizzazione due progetti di ricerca di Shell nel Golfo di Taranto, sebbene le popolazioni locali abbiano espresso una forte opposizione. La piattaforma Shell Ombrina Mare è stata già autorizzata al largo delle coste dell’Abruzzo.
I nuovi esponenti politici al Governo tuteleranno i nostri mari o decideranno di svenderli alle compagnie petrolifere?
Marta Albè