L'Università del Michigan ha sviluppato uno strumento di stima delle perdite di cibo per valutare come un migliore accesso alla catena del freddo può ridurle (insieme alle emissioni di gas serra)
Mentre 800 milioni di persone soffrono la fame e 9 milioni non sopravvivono alla mancanza di cibo, un terzo degli alimenti che produciamo viene sprecato. E non finisce qui: queste stesse perdite alimentari emettono circa l’8% delle emissioni totali di gas serra prodotte dall’uomo.
Ma uno studio, pubblicato su Environmental Research Letters, ha sviluppato uno strumento di stima dello spreco alimentare per valutare come un migliore accesso alla catena del freddo (e, quindi, della refrigerazione) può avere un impatto sulle perdite di cibo e sulle relative emissioni climalteranti per sette tipi di alimenti (cereali, pesce e frutti di mare, frutta e verdura, carne, latticini, semi oleosi e legumi, radici e tuberi) in sette regioni (Europa, inclusa la Russia, Asia industrializzata, America Latina, Nord Africa e Asia centrale, Nord America e Oceania, Asia meridionale e sud-orientale e Africa subsahariana).
Secondo lo studio, una catena del freddo che non fornisce un ambiente atmosferico ininterrotto e controllato per garantire la qualità e la sicurezza dei prodotti deperibili è responsabile di una perdita alimentare che può raggiungere 620 milioni di tonnellate l’anno.
Viceversa, lo sviluppo di catene di approvvigionamento alimentare più localizzate e meno industrializzate in contesti sia industrializzati che non industrializzati potrebbe far risparmiare maggiori quantità di cibo rispetto alle catene del freddo ottimizzate.
“Ottimizzare la filiera globale dei prodotti refrigerati può aiutarci a risparmiare molto cibo, a sfamare milioni di persone affamate e a proteggere il nostro clima”, fanno sapere gli autori dello studio, ricercatori dell’Università del Michigan.
Lo spreco alimentare è diventato un problema così complesso da sembrare irrisolvibile: con circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo diventane rifiuto nel 2023, si stima che entro il 2030 sprecheremo 2,1 miliardi di tonnellate di cibo ogni anno. Ma secondo i ricercatori dell’Università del Michigan il miglioramento della catena del freddo globale può ridurre lo spreco alimentare globale del 50%. E a beneficiarne sarebbe anche il clima.
“Quasi la metà dello spreco alimentare, circa 620 milioni di tonnellate metriche, potrebbe essere eliminata da catene di fornitura alimentare completamente refrigerate in tutto il mondo. Allo stesso tempo, le catene di fornitura completamente refrigerate, o “catene del freddo”, potrebbero ridurre le emissioni di gas serra che riscaldano il clima correlate allo spreco alimentare del 41% a livello globale“, spiegano gli autori dello studio.
Come la refrigerazione ottimizzata fa la differenza
I risultati dello strumento di stima hanno offerto tre preziosi spunti su cui riflettere. In primo luogo, le regioni meno industrializzate possono raggiungere alti livelli nella prevenzione delle perdite alimentari.
“L’Asia meridionale e sud-orientale registrano le maggiori perdite alimentari assolute, ma le più basse perdite pro capite. Queste due aree potrebbero raggiungere una riduzione del 45% delle perdite alimentari e una diminuzione del 54% delle emissioni associate in uno scenario di refrigerazione ottimizzato”, affermano gli autori dello studio.
“L’Africa subsahariana presenta invece sia le maggiori emissioni di perdita alimentare in termini assoluti e pro capite, e grandi opportunità sia di riduzione della perdita alimentare (47%) che delle emissioni (66%) in condizioni di refrigerazione ottimizzate”, hanno aggiunto.
In secondo luogo, per quanto riguarda il tipo di cibo, la carne rappresenta solo il 10% dello spreco alimentare globale, ma da sola è responsabile di oltre il 50% delle emissioni correlate allo spreco alimentare.
Terzo e ultimo punto, i sistemi alimentari iperlocalizzati e gestiti in modo virtuoso sono persino migliori delle catene del freddo globali ottimizzate per ridurre lo spreco alimentare.
Questo significa che se ci concentriamo sulla creazione di reti efficienti per la catena del freddo a livello locale, possiamo ridurre drasticamente le perdite alimentari e le conseguenti emissioni.
Una doverosa precisazione
A detta degli stessi autori dello studio, il loro strumento di stima è di grande utilità per tutti coloro che sono coinvolti nella filiera alimentare, come agricoltori, fornitori di prodotti alimentari e rivenditori, che possono utilizzare stimare le perdite alimentari per identificare le falle nei loro sistemi di refrigerazione e ottimizzarli. Allo stesso modo, i governi e le Ong possono utilizzare il modello per tracciare e ridurre le perdite alimentari, mitigano la fame e il cambiamento climatico.
Lo studio tiene però conto delle emissioni associate allo spreco alimentare ma non considera le emissioni che deriverebbero dalle operazioni di una rete di catena del freddo potenziata. I ricercatori non sono inoltre certi di come un sistema di refrigerazione migliorato influirà sulla qualità nutrizionale del cibo. L’obiettivo è quindi quello di garantire che le catene del freddo siano migliorate e gestite in modo sostenibile.
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