La presenza delle microplastiche è stata riscontrata numerose volte nel nostro ambiente. Anche le piante presentano frammenti di materiale plastico come dimostra il nuovo studio
Le microplastiche sono particelle di materie plastiche prodotte direttamente o indirettamente dall’uomo, le cui dimensioni oscillano tra gli 0,1 e i 500 micrometri. Frammenti di dimensioni inferiori sono classificati come nanoplastiche e sono invisibili ad occhio nudo.
La dispersione di tali particelle nell’ambiente rappresenta un serio rischio per la nostra salute, nonché per la salvaguardia degli ecosistemi.
La presenza di microplastiche è stata infatti riscontrata nel suolo, nel cibo, nell’acqua imbottigliata e persino nel corpo umano.
Di recente il team di ricercatori dell’Università di Presov, in Slovacchia, ha scoperto per la prima volta microplastiche intrappolate nelle foglie di alcune piante.
In particolare nella Slovacchia orientale, dove gli studiosi si erano recati per osservare gli organismi che vivono nelle pozzanghere d’acqua formatosi nelle ascelle delle foglie di cardo.
I cardi, del genere Dipsacus, presentano foglie che crescono sul fusto l’una sopra l’altra su livelli differenti, formando strutture a forma di coppa che raccolgono l’acqua e favoriscono lo sviluppo di un vero e proprio microcosmo acquatico.
Osservando ciò, i ricercatori hanno riscontrato la presenza di frammenti e fibre di colore diverso, lunghi circa 2,4 mm, e identificati come microplastiche.
Tuttavia la domanda sorge spontanea: come sono stati contaminati tali organismi? Lo studio, pubblicato sulla rivista BioRisk, suggerisce due ipotesi. La prima è che frammenti e fibre di microplastiche derivino da un’atmosfera inquinata; la seconda è che organismi come le lumache abbiamo trasportato tali frammenti dal suolo o da altre piante. In ogni caso questa è l’ennesima prova del fatto che nessun ambiente sulla terra è ormai più sicuro.
I risultati della ricerca quindi non solo mettono in evidenza il fenomeno dell’inquinamento microplastico di vari ecosistemi, ma suggeriscono anche l’uso alternativo dei filotelmi del cardo come bioindicatori della presenza di microplastiche nell’ambiente.
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Fonte: BioRisk