Lo scioglimento del permafrost artico e il conseguente rilascio nell’atmosfera di tonnellate di metano rappresenta una minaccia incombente per tutto il Pianeta
Lo scioglimento del permafrost artico e il conseguente rilascio nell’atmosfera di tonnellate di metano rappresenta una minaccia incombente per tutto il Pianeta
La crisi climatica che ormai galoppa fuori controllo ha, fra le tante conseguenze, quella di contribuire fortemente allo scioglimento dei ghiacciai polari – anche di quelli fino ad ora considerati perenni, come il permafrost artico che, con il suo scioglimento, sta rilasciando nell’atmosfera enormi quantità di gas metano altamente inquinante. Ora uno studio lancia l’allarme: il metano e il diossido di carbonio rilasciati nell’atmosfera dallo scioglimento del permafrost avrebbero una pesante influenza nell’accelerazione del riscaldamento globale e nell’aumento delle temperature, rendendo così vani gli sforzi dei vari Paesi per limitare le emissioni di gas serra. Ma non solo: la dispersione in atmosfera di metano, un gas altamente infiammabile, starebbe alimentando incendi senza precedenti, come quelli avvenuti in diverse regioni della Russia questa estate, e ciò avrebbe come conseguenza un ulteriore aumento delle emissioni inquinanti e delle temperature. Insomma, un serpente che si morde la coda: gli incendi provocano l’aumento delle temperature e lo scioglimento del permafrost, che rilascia gas metano che va ad alimentare nuovi incendi, in un circolo senza fine.
Per definizione, il permafrost è un terreno che è stato a temperature inferiori a 0°C per più di due anni, sebbene gran parte del permafrost abbia migliaia di anni. Esso copre un quarto della massa terrestre della regione artica e, secondo i ricercatori, contiene il doppio del carbonio attualmente presente nell’atmosfera terrestre ed il triplo della CO2 emessa dalle attività umane dall’inizio dell’era industriale. Purtroppo gli effetti devastanti del riscaldamento globale di origine antropica sono molto peggiori nelle aree più fredde del Pianeta rispetto a quelli che si verificano nelle aree temperate: si stima infatti che la temperatura media delle regioni polari aumenti da due a tre volte più rapidamente rispetto al resto del mondo (ai poli, infatti, si registra già un aumento di 3°C rispetto ai livelli pre-industriali).
Lo studio ora pubblicato prevede la scomparsa di circa 4 milioni di chilometri quadrati di permafrost artico entro fine secolo, anche nel caso in cui le emissioni di gas serra da parte dell’uomo si riducessero drasticamente (come auspicato dagli Accordi di Parigi sul clima e dalla COP26). Oltre all’aumento delle temperature, c’è un’altra grave minaccia per la sopravvivenza del permafrost: gli incendi incontrollati a cui stiamo già assistendo. I ricercatori prevedono un aumento della frequenza degli incendi fino al 150% entro il 2050 – che saranno alimentati, come abbiamo detto, dal progressivo rilascio in atmosfera di gas metano.
Oltre a rappresentare una grandissima fonte di inquinamento, gli incendi artici previsti dagli scienziati saranno una grave minaccia per gli insediamenti antropici situati nelle regioni artiche e per le loro infrastrutture: il permafrost, attualmente, è occupato da centinaia di migliaia di edifici, strade e condutture per il trasporto del gas dai giacimenti sotterranei. Se questo “terreno di ghiaccio” si sciogliesse, causerebbe il progressivo indebolimento del suolo fino al collasso, trascinando con sé edifici e centri abitati. Il Paese che maggiormente pagherebbe le conseguenze di questo scenario apocalittico e distopico è la Russia: diverse città e impianti industriali del nord del Paese, infatti, poggiano le loro fondamenta proprio sul permafrost, e numerosi edifici iniziano già a mostrare le prime crepe e i primi crolli strutturali.
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Fonti: Nature
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