Addio coste italiane: scomparsi 8 km ogni anno sotto al cemento

Deturpate, ferite, cementificate. È il triste destino delle nostre coste, da Nord a Sud. Sui 3.902 chilometri di coste analizzate da Ventimiglia a Trieste, oltre 2.194 chilometri, ossia il 56,2% dei paesaggi costieri, sono stati trasformati dall'urbanizzazione. Dal 1985, anno della Legge Galasso, sono stati cancellati dal cemento circa 222 chilometri di paesaggio costiero, a un ritmo di quasi 8 chilometri l'anno

Deturpate, ferite, cementificate. È il triste destino delle nostre coste, da Nord a Sud. Sui 3.902 chilometri di coste analizzate da Ventimiglia a Trieste, oltre 2.194 chilometri, ossia il 56,2% dei paesaggi costieri, sono stati trasformati dall’urbanizzazione. Dal 1985, anno della Legge Galasso, sono stati cancellati dal cemento circa 222 chilometri di paesaggio costiero, a un ritmo di quasi 8 chilometri l’anno.

Lo rivela uno studio delle aree costiere di tutta la Penisola (ad eccezione di Sicilia e Sardegna, che rientreranno nella ricerca il prossimo anno) avviato da Legambiente nel 2012, allo scopo di registrarne il consumo legato a speculazione edilizia e urbanizzazione di paesaggi agricoli e naturali. Il quadro che emerge dal dossier, che prende in esame 13 regioni, è tanto impressionante quanto paradossale.

Il confronto tra le coste, realizzato attraverso una sovrapposizione di foto satellitari, evidenzia processi analoghi nelle diverse regioni. Il versante tirrenico è stato intaccato nella maniera più rilevante e, infatti, meno del 30% delle sue aree rimane oggi libero da costruzioni. Nell’Adriatico è soprattutto la morfologia costiera, dal delta del Po alle lagune venete, dal Conero al Gargano, ad aver costituito un ostacolo nei confronti della cementificazione.

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In ogni caso, tra il Molise e il Veneto sono scomparsi dal 1988 ulteriori 42 km di costa, con un incremento delle trasformazioni dei paesaggi pari al 6,3%. Complessivamente il record negativo spetta alla Calabria, dove le trasformazioni interessano più del 65% dei rispettivi paesaggi costieri, seguita da Lazio, Abruzzo e Liguria (63% di coste consumate).

In Calabria si è di fronte a dati impressionanti: su un totale di 798 chilometri sono 523 quelli trasformati da interventi edilizi, anche illegali. Tra il 1988 ed il 2011 sono stati consumati 11 km di costa soprattutto per seconde case e centri turistici. Le trasformazioni maggiori hanno riguardato la costa tirrenica dove gli edifici hanno cancellato importanti aree agricole, intaccato paesaggi montuosi di rara bellezza, avvicinato i centri esistenti, densificato e cementificato in maniera irresponsabile un patrimonio naturale inestimabile.

Si confermano poi preoccupanti le situazioni di Abruzzo e Lazio. La Regione adriatica rappresenta dal punto di vista del consumo di suolo un caso emblematico, perché negli ultimi decenni è stata creata una vera e propria barriera tra il mare e l’entroterra con decine di appartamenti (invenduti) e palazzi realizzati praticamente sulla spiaggia, come nei casi di Montesilvano, Silvi, Francavilla al Mare, Torino di Sangro e Vasto.

Nel Lazio spiccano le criticità di tratti come il Lido di Ostia, le spiagge di Fiumicino, Santa Marinella e Scaglia, in cui non solo si è consumato suolo a scopo residenziale quasi esclusivamente per seconde case e servizi correlati, ma è stata occupata la spiaggia con attrezzature turistiche imponenti. Non meno grave la situazione della Liguria, dove su un totale di 345 km di costa ne sono scomparsi 218. Negli ultimi venti anni sono stati sfregiati 4mila metri di paesaggi costieri naturali in gran parte a favore di nuove seconde case, ville e palazzi, per l’espansione di alcuni agglomerati che si susseguono lungo la costa e per attività turistiche e portuali.

Tra le nuove regioni monitorate, invece, la meno virtuosa è la Puglia, dove ben 80 km di costa sono stati cancellati in soli due decenni. Complessivamente il 56,2% del totale della costa pugliese, sia adriatica che ionica, è stato modificato con interventi antropici legali o abusivi, con un fenomeno rilevante di consumo di suolo alle spalle della Riserva Naturale del Lago di Lesina, nel foggiano, e alle spalle del tratto di costa che va da Santa Maria di Leuca a Taranto.

Preoccupa inoltre l’aumento del cemento in tratti originariamente naturali e agricoli, come a Peschici e Molinella, Zappeneta, Ippocampo e Margherita di Savoia. Negativo anche il bilancio del Friuli Venezia Giulia (55,4% di costa trasformata), dove tra l’altro, nelle zone di Lignano e Grado, sono stati presentati progetti turistici per centinaia di migliaia di metri cubi che occorre assolutamente scongiurare.

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“Bisogna aprire cantieri di riqualificazione ambientale e culturale delle aree costiere, per fare di questi territori il cuore dell’idea di sviluppo che si immagina per l’Italia nei prossimi anni – ha dichiarato il vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini -. Occorre partire dalla rigenerazione energetica del patrimonio edilizio, che lungo le coste è spesso vecchio e inadeguato, dalla valorizzazione delle potenzialità turistiche e dallo sviluppo di una moderna mobilità sostenibile per l’accesso al patrimonio di spiagge, pinete e altre attrazioni naturalistiche e culturali. Al centro delle politiche devono essere posti gli interventi di adattamento ai cambiamenti climatici in linea con la programmazione europea sul tema, che individua come prioritarie le operazioni capaci di fermare l’erosione dei litorali e rafforzare il sistema di dune ancora esistenti”.

Per consultare il dossier completo clicca qui

Roberta Ragni

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