I clorofluorocarburi avrebbero contribuito ulteriormente al riscaldamento globale se il loro utilizzo non fosse stato vietato
I clorofluorocarburi usati un tempo nelle serpentine dei frigoriferi avrebbero provocato un ulteriore aumento nella temperatura terrestre entro il 20100 se il loro utilizzo non fosse stato vietato, secondo uno studio.
Le sostanze chimiche un tempo utilizzate nella produzione di frigoriferi e abolite perché responsabili del ‘buco nell’ozono’ avrebbero portato un ulteriore aumento della temperatura globale entro il 2100 – ben 2,5°C in più. Secondo un recente studio, infatti, i limiti all’utilizzo dei clorofluorocarburi (CFC) imposti dal protocollo di Montreal del 1987 per salvare l’ozonosfera hanno dato come effetto collaterale una possibilità in più per limitare a 1,5°C l’innalzamento della temperatura, come previsto dagli accordi di Parigi. L’atmosfera terrestre si è già riscaldata di 1,2°C rispetto ai livelli pre-industriali, e avrebbe raggiunto già i 3,5°C in più se i clorofluorocarburi fossero stati ancor in uso.
Per giungere a questa proiezione, un team di ricercatori internazionale ha previsto un aumento nell’uso dei CFC del 3% ogni anni a partire dal 1987 – compatibile con i processi di sviluppo industriale nel mondo. Secondo i dati ipotizzati, il buco nell’ozonosfera (lo strato di gas che protegge il nostro pianeta dall’azione dannosa dei raggi ultravioletti) si sarebbe espanso a tal punto da compromettere in modo irreparabile la capacità della Terra di assorbire il diossido di carbonio presente nell’atmosfera: senza il divieto di utilizzo dei CFC, ci sarebbero state ben 580 tonnellate di anidride carbonica in meno assorbita da foreste, suolo e vegetazione entro il 2100, e il mondo starebbe sperimentando già ora lo scenario peggiore legato al riscaldamento globale.
L’eccesso di CO2 nell’atmosfera terrestre avrebbe aggiunto ulteriori 215 particelle di diossido di carbonio per milione (attualmente ci sono già 420 particelle di CO2 per milione), con un incremento pari al 40-50%, che avrebbe contribuito ad aumentare le temperature di un ulteriore 0,8°C.
(Leggi anche: Che fine ha fatto il buco dell’ozono a quasi 40 anni dalla sua scoperta?)
Il protocollo di Montreal
Il protocollo di Montreal, stilato nel 1987 ed entrato in vigore a partire da 1989, è un accordo globale nato specificamente per proteggere lo strato di ozono stratosferico terrestre eliminando gradualmente le sostanze chimiche che lo riducono – fra cui clorofluorocarburi, tetracloruro di carbonio, tricloroetano, idroclorofluorocarburi, idrobromofluorocarburi, bromoclorometano e bromuro di metile. Il protocollo prevede una graduale riduzione del consumo e della produzione delle sostanze che riducono lo strato di ozono, con scadenze diverse per paesi in via di sviluppo e per paesi sviluppati.
Malgrado una data di nascita piuttosto vecchia, il protocollo resta più attuale che mai, perché continua ad evolversi nel tempo in considerazione degli sviluppi scientifici, tecnici ed economici: oggi disciplina quasi 100 sostanze chimiche artificiali che danneggiano la capacità dello strato di ozono di proteggere l’uomo e altre forme di vita dalle dannose radiazioni ultraviolette del sole.
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Fonte: Nature / Unione Europea
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