Danze tribali in cambio di cibo: il video che denuncia i safari umani

Scatti esotici, in cambio di cibo. Il colonialismo esiste ancora. Alcune comunità tribali protette, come quella degli Jarawa, in India, sono sfruttate dal turismo. Ecco come

Safari “umani” per gaudenti e beoti turisti occidentali. Li organizzerebbero sedicenti agenzie di viaggio, che promettono ai turisti “globalizzati”, così poco attenti alle culture che incontrano durante le loro vacanze consumistiche, scatti esotici, video indimenticabili da mostrare nel salotto di casa, esperienze “tipiche” indimenticabili. Una moda che sta rendendo le tribù che vivono in isolamento sempre più gravemente soggette alle interferenze esterne. E ai pericoli che ne derivano.

Così, un video pubblicato dal The Observer, ci catapulta, cuore e testa, in questa vergognosa realtà. Siamo nelle Isole Andamane, in India. Qui vive una comunità tribale protetta, quella degli Jarawa, formata da poco più di 400 individui, che hanno resistito ad ogni contatto con l’esterno fino al 1998, nonostante la presenza di una strada che attraversa il cuore delle loro terre ancestrali. Cacciano maiali selvatici e varani, pescano con l’aiuto di arco e frecce, raccolgono miele, radici e bacche nella foresta. Conducono uno stile di vita nomade e vivono in gruppi di 40-50 persone. Le immagini mostrano delle donne della tribù che danzano per i turisti in cambio di cibo, oppure dopo aver bevuto alcuni bicchieri di vino offerti da un poliziotto locale. Le donne Jarawa, come degli animali da circo, dei fenomeni da baraccone, vengono fatte danzare a comando per dar spettacolo.

Balla”, dice il poliziotto, “balla per me”. E le ragazze di fronte a lui, nude dalla vita in su, obbediscono, mentre una videocamerariprende l’ambito trofeo da riportare in patria, tra gli applausi di chi assisteva alla scena. Anche se il ruolo della polizia sarebbe quello di proteggere le tribù da questi estranei indesiderati e invadenti, in realtà pare sia solita, secondo quanto riportato da Ghetin Chambarlai, organizzare per l’equivalente di circa 200 euro questi ”safari umani” nella riserva. Moda abietta che, tra l’altro, mette seriamente a rischio di epidemie la tribù, dotata di poche difese immunitarie contro le malattie più comuni a causa del suo lungo isolamento.

Alcune autorità dell’amministrazione delle isole hanno tentato di giustificarsi, dichiarando che il video era stato girato dieci anni fa, prima che venissero messe in atto precauzioni. Ma delle nuove registrazioni audio provano che i contatti continuano ad avvenire tutt’oggi. Stephen Corry, direttore generale dell’Associazione Survival International, il movimento per i popoli indigeni ha commentato: “Questa storia puzza di colonialismo e dei disgustosi e degradanti ‘zoo umano’ del passato, è evidente che l’atteggiamento di alcuni individui verso i popoli tribali non è cambiato di una virgola”.

Così i Jarawa, che si sono dati il nome di “Ang”, che significa “essere umano”, continuano a essere trattati come animali in una riserva. “L’ultimo membro della tribù confinante, quella dei Bo, è morta in gennaio. Non dobbiamo permettere che ai Jarawa tocchi lo stesso destino. Il mondo non deve tollerare la perdita di un’altra vitale, ricca e preziosa parte di umanità.”, conclude Francesca Casella, direttrice di Survival Italia. Eppure i turisti del video, così come tanti altri, torneranno a casa con qualcosa di spettacolare da mostrare agli amici. Questo è quello che conta.

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