La capitale è sempre più stretta nella morsa del fuoco degli incendi provocati dall'incuria delle amministrazioni locali, alimentati dal caldo e dal vento secco di questi giorni
Chi abita a Roma e dintorni conosce bene lo stato drammatico della situazione: la capitale brucia senza sosta, con gravi danni all’ambiente e alla qualità dell’aria. Caldo, vento secco e totale assenza di opere di prevenzione (come ad esempio la manutenzione boschiva e l’eliminazione delle sterpaglie) hanno provocato incendi in più punti della città.
Si contano una quarantina di focolai fra il territorio comunale e la provincia, con altrettanti interventi da parte dei Vigili del Fuoco e della Protezione Civile. Le zone maggiormente colpite dalle fiamme sono quella di Lanuvio e di Fiano Romano, ma anche la zona ovest di Roma (tra Bravetta e Pisana).
Si è già fatto ricorso ad autobotti e anche ai canadair, che raccolgono acqua nella zona di Castel Sant’Angelo, andando così a inasprire le condizioni di siccità del fiume Tevere, già provato da settimane di totale assenza di piogge.
Si teme per la qualità dell’aria respirata dai cittadini, già compromessa dal recente incendio avvenuto nell’impianto di trattamento dei rifiuti di Malagrotta, nella periferia Ovest di Roma, soltanto una settimana fa, che ha reso l’aria irrespirabile in un raggio di chilometri e ha costretto l’amministrazione comunale all’adozione di misure straordinarie.
Ovviamente gli incendi non si possono prevedere, e non possiamo fare qualcosa neppure contro il caldo soffocante degli ultimi giorni, che favorisce il propagarsi delle fiamme. Molto può essere fatto nel campo della prevenzione dei roghi, attraverso politiche mirate di pulizia dei territori incolti e di eliminazione delle sterpaglie.
Purtroppo però le amministrazioni locali (non solo a Roma, ma un po’ in tutta Italia) non sembrano avere la lungimiranza tale da investire finanziamenti in opere di prevenzione per non dover fare poi ricorso a piani straordinari e misure di emergenza.
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