Rigassificatori: che cosa sono, come funzionano e quanti sono in Italia (facciamo un po’ di chiarezza)

In Italia attualmente ci sono tre rigassificatori, quello di Piombino sarebbe dunque il quarto. Mentre proseguono le proteste degli ambientalisti facciamo chiarezza su cosa sono questi impianti e come funzionano

Rigassificatori: che cosa sono? Da settimane, gli schieramenti in campo per le prossime elezioni del 25 settembre parlano nei loro programmi di rigassificatori. Che il prezzo del gas sia aumentato non è certo una notizia dell’ultima ora. Con la guerra in Ucraina e le sanzioni impartite dall’Occidente alla Russia, questa materia prima costa molto di più, tant’è che da più fronti si torna a parlare di rigassificatori e della possibilità di installarne uno a Piombino. Ma cosa sono e come funzionano?

I rigassificatori sono degli stabilimenti che trasformano il gas liquefatto allo stato gassoso. Spieghiamolo in parole semplici: per essere a prezzo più basso e per esserne trasportato di più via mare attraverso delle navi, il gas naturale viene trasformato allo stato liquido, ovvero il GNL (Gas Naturale Liquefatto) che altro non è che una miscela di idrocarburi costituita prevalentemente da metano (90-99%). Altri componenti secondari sono l’etano, il propano e il butano. Come abbiamo detto, si ottiene sottoponendo il gas naturale, estratto da giacimenti sotto la superficie terrestre, a un processo di liquefazione a una temperatura di circa – 162 °C che consente la riduzione del volume del gas di circa 600 volte. Una volta giunto, il GNL passa dagli impianti di rigassificazione per ritornare allo stato gassoso ed essere immesso nei gasdotti. Questo processo avviene all’interno di tubi che si trovano sotto la superficie del mare.

Rigassificatori: quali e quanti sono in Italia?

Innanzitutto bisogna dire che esistono due tipi di rigassificatori. Abbiamo i rigassificatori onshore che sono quelli sulla terraferma e quelli offshore che sono piattaforme in mare collegati da un gasdotto. I rigassificatori offshore a loro volta possono essere o isole artificiali, oppure navi gasiere, le cosiddette floating storage regasification unit, cioè “unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione” (le FSRU).

In Italia, attualmente ci sono tre rigassificatori in uso. C’è il rigassificatore onshore di Panigaglia, in provincia di La Spezia che è anche il più vecchio e appartiene alla Snam; poi c’è il Terminale GNL Adriatico, che è il più grande ed è un’isola artificiale che si trova al largo di Porto Viro, in provincia di Rovigo ed è di ExxonMobil al 70%, di Qatar Petroleum al 23%, e di Snam al 7%. Infine, c’è il rigassificatore nel mar Tirreno al largo della costa tra Livorno e Pisa che è una FSRU ed è di Snam e First Sentier Investors.

Rigassificatore di Piombino

Dicevamo che al centro del dibattito politico e delle polemiche c’è l’eventuale installazione di un rigassificatore a Piombino, che sarebbe una FSRU e per la quale ci vorrebbe un tubo 8 chilometri (ancora non è chiaro se in superficie o sottoterra). Per i favorevoli, il rigassificatore aumenterebbe la capacità di stoccaggio del gas e quindi andrebbe a calmierare i costi della materia prima. Contrarie sono invece le associazioni ambientaliste che esprimono perplessità in un comunicato congiunto e che in questi giorni sono scese in piazza a manifestare contro un nuovo rigassificatore.

“Il rigassificatore, oltre ad essere un anacronismo, visto che adesso dovremmo concentrarci nell’investire nelle fonti rinnovabili, sarebbe posizionato irresponsabilmente vicino a una cittadina, agli imbarchi e a una zona di mare che dovrebbe essere tutelata ma che continua ad essere soggetta ai più disparati attacchi – scrivono gli ambientalisti- un rigassificatore non può essere la soluzione alla dipendenza dai combustibili fossili: il Gas Naturale Liquefatto diventerà sempre più costoso e scarso e viene estratto spesso con una tecnica, il Fracking, che provoca ulteriori danni ambientali e climatici. La vera ed unica alternativa sono le energie rinnovabili, a cominciare dal fotovoltaico e dell’eolico offshore, anche galleggiante”.

Secondo gli ambientalisti poi l’impianto che avrà il compito di riportare allo stato di gas il metano liquefatto proveniente da varie parti del mondo, “prevede uno smisurato traffico di navi metaniere nei nostri mari, incremento dell’inquinamento dell’aria e dell’ acqua, rischio di incidenti gravi e ulteriore dipendenza dal sistema delle fonti fossili”.

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