Non solo negli oceani. Le isole di plastica inquinano anche i mari italiani. Lo dice un nuovo studio pilota condotto dall'Università di Pisa e dall'Ispra, in collaborazione con l'Accademia del Leviatano e l'Università di Roma 3. Secondo l'indagine oltre l'80% dei macro rifiuti (più grandi di 25 cm) presenti in mare è costituito da “plastiche”. Teli e buste di plastica, insieme a cassette di polistirolo, gli oggetti più presenti
Plastica piaga anche del mar Mediterraneo. Lo dice un nuovo studio pilota condotto dall’Università di Pisa e dall’Ispra, in collaborazione con l’Accademia del Leviatano e l’Università di Roma 3. Secondo l’indagine oltre l’80% dei macro rifiuti (più grandi di 25 cm) presenti in mare è costituito da “plastiche”. Teli e buste di plastica, insieme a cassette di polistirolo, gli oggetti più presenti.
Maxi-rifiuti che vagano nei nostri mari, abbandonati dall’uomo e indistruttibili. È questo quello che è stato scoperto durante le 40 ore di monitoraggio diretto effettuato dai traghetti della Corsica-Sardinia Lines, utilizzati come come piattaforme di osservazione. L’area scandagliata è una striscia di mare larga 100 metri tra la Toscana e la Corsica, posta a fianco del traghetto e sorvegliata da un osservatore dedicato.
Presentato a Siena, nel corso del Convegno sugli indicatori per la Strategia Marina, lo studio ha messo in evidenza che il problema dei rifiuti di plastica in mare riguarda anche l’Italia, non solo gli come il Pacifico e i Grandi Laghi.
Durante lo studio italiano, è stata trovata una densità di macro-rifiuti pari a 2 oggetti ogni kmq. E lungo l’area di studio, la rotta transfrontaliera Livorno-Bastia, la densità di macro rifiuti è risultata essere simile.
Cristina Luperini, che ha presentato lo studio, ha spiegato: “Durante il nostro studio abbiamo contato un oggetto in mare circa ogni 5 km percorsi. Se ampliato in altre regioni marine Italiane, il protocollo di monitoraggio di marine litter, potrebbe essere il punto di partenza per verificare nel tempo gli effetti delle politiche per la riduzione dei rifiuti che finiscono in mare previste sia dalla marine strategy, sia dal recente decreto legge che vieta il commercio di buste di plastica non biodegradabili/biocompostabili per il trasporto di alimenti”.
Buste di plastica e reti fantasma gli oggetti più pericolosi e abbondanti ritrovati durante l’ossrervazione. Essi infatti potrebbero costituire un pericolo per la fauna marina protetta come tartarughe e cetacei, sia per l’ingestione sia per l’aggrovigliamento. “Anche per questo è particolarmente importante poter conoscere l’entità della loro presenza in mare alto” aggiunge.
Secondo l’esperta, tale protocollo oltre ad avere costi ridotti potrebbe consentire di comprendere a fondo il problema dei rifiuti marini anche nei tratti di mare alto spesso poco monitorati.
Francesca Mancuso
LEGGI anche:
– Isole di plastica: scoperto Garbage Patch anche nei Grandi Laghi
– L’isola di plastica nel Pacifico è il doppio degli Stati Uniti
– Inquinamento oceani: 4 soluzioni alle isole di plastica
Foto: Bluecommunity