Tra speranze e proteste, il termovalorizzatore di Roma sarà pronto nel 2027

Il nuovo termovalorizzatore è al centro di un acceso dibattito. Da un lato, le autorità lo presentano come soluzione indispensabile alla gestione dei rifiuti; dall’altro, cittadini e comitati ambientalisti esprimono forte preoccupazione per le possibili conseguenze ambientali e sociali. La capitale è da anni in emergenza rifiuti, ma la strada verso una soluzione condivisa appare ancora lunga

Sarà operativo nell’estate del 2027, ma già da tempo è protagonista di forti divisioni tra cittadini, amministratori e comitati ambientalisti.

Il termovalorizzatore di Roma è, da un lato, considerato dalle autorità una soluzione cruciale per risolvere il cronico problema dei rifiuti della capitale, dall’altro è temuto da molti abitanti, supportati da comitati locali, secondo i quali il progetto avrà conseguenze negative sul territorio e sull’ambiente.

Roma soffre da anni per una gestione inefficiente dei rifiuti, con cassonetti stracolmi, strade sporche e discariche quasi sature. La situazione è al limite del collasso, tanto che il sindaco Roberto Gualtieri ha sottolineato che, senza il termovalorizzatore, la città sarebbe stata costretta a costruire nuove discariche, una soluzione tampone che non farebbe che spostare il problema di qualche anno. “Se non avessimo deciso di fare il termovalorizzatore, oggi dovremmo annunciare l’inizio dei lavori per una discarica da un milione di tonnellate”, ha dichiarato il sindaco, intervenendo alla conferenza in Campidoglio in cui è stato presentato il progetto del termovalorizzatore di Roma, mettendo in evidenza come la discarica avrebbe una vita utile limitata e richiederebbe l’apertura di altre strutture simili nel corso dei decenni successivi.

Tuttavia, la proposta di costruire il nuovo impianto a Santa Palomba, un’area industriale alla periferia sud di Roma, ha suscitato forti opposizioni. Molti residenti e gruppi ambientalisti temono che il termovalorizzatore possa peggiorare la qualità dell’aria e avere impatti negativi sulla salute pubblica. Nonostante le rassicurazioni delle autorità riguardo le tecnologie avanzate che ridurranno le emissioni di polveri sottili a livelli minimi — inferiori a quelli di una strada trafficata, secondo quanto dichiarato dallo stesso Gualtieri — la preoccupazione tra la popolazione rimane alta.

I comitati contrari al progetto evidenziano che, sebbene il termovalorizzatore prometta di rispettare i più rigidi standard europei, l’idea di bruciare rifiuti per produrre energia non rappresenta una vera soluzione sostenibile. “Non si può parlare di economia circolare e poi costruire un impianto che distrugge risorse”, sottolineano i rappresentanti dei gruppi ambientalisti. Secondo questi movimenti, l’investimento di circa un miliardo di euro destinato alla costruzione del termovalorizzatore sarebbe stato meglio impiegato per promuovere il riciclo, il compostaggio e politiche più ambiziose di riduzione dei rifiuti a monte.

Anche il sistema di trasporto dei rifiuti all’impianto, progettato per essere effettuato prevalentemente su rotaia per ridurre l’impatto del traffico di camion, non ha convinto del tutto i contrari. Molti temono che il traffico su strada aumenterà comunque, soprattutto durante i lavori di costruzione dell’impianto, con possibili danni all’ambiente circostante.

Nonostante queste critiche, il progetto prosegue. Il sindaco Gualtieri ha difeso l’impianto, evidenziando che il termovalorizzatore non sarà solo una macchina per smaltire i rifiuti, ma anche un simbolo di rinascita per un’area industriale ormai degradata. Oltre a produrre 65 megawatt di energia — sufficienti per 200.000 famiglie — il complesso comprenderà una serra aperta al pubblico, spazi di coworking, percorsi ecologici e un giardino pensile. Si parla persino di sperimentazioni sulla concimazione carbonica all’interno del viridarium, un giardino sospeso che utilizzerà la CO2 prodotta dall’impianto per stimolare la crescita delle piante.

Molti romani si chiedono se il termovalorizzatore sarà davvero la soluzione definitiva o solo un altro palliativo a un problema complesso che richiede un approccio più sistemico e partecipativo. Anche l’esperienza passata di grandi progetti infrastrutturali, spesso segnati da ritardi, costi lievitati e scarsa trasparenza, contribuisce a mantenere viva la diffidenza.

In questo clima di incertezza, la vera sfida sarà non solo costruire un impianto che rispetti gli standard ambientali promessi, ma anche convincere la cittadinanza che il termovalorizzatore rappresenta una soluzione sostenibile per il futuro della città.

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